Avrebbe compiuto novant’anni l’anno prossimo Tina Anselmi, e di questi almeno quaranta li ha dedicati alla politica, fino alla presidenza di quella commissione d’inchiesta sulla P2, che ai tempi costituiva un incarico più che spinoso vista la portata dei protagonisti coinvolti. La pioggia di tributi che da martedì piovono via twitter da donne di destra e di sinistra mostrano come la figura di questa ragazza partigiana, che a diciassette anni si iscrive alla Dc per poi diventare il primo ministro della Repubblica, incarna da sempre in Italia l’immagine di donna impegnata ai massimi livelli al servizio della cosa pubblica. Spesso accostata a quella di Nilde Iotti, due donne influenti nei due più grandi partiti dell’epoca, il Pci e la Dc, quasi coetanee, entrambe impegnate nella resistenza, entrambe capaci di farsi valere in un mondo politico ancora pervaso da un diffuso maschilismo che rendeva arduo assurgere a cariche apicali. E basta scorrere quelle ricoperte dalla Anselmi per avere la riprova del suo peso politico dal dopoguerra fino agli anni ottanta. Certamente con Tina Anselmi scompare una figura esemplare della storia repubblicana, grande esempio di cattolica impegnata in politica e donna delle istituzioni. Legò il suo nome alla riforma che introdusse il Servizio Sanitario Nazionale.
Tina Anselmi nasce da una famiglia cattolica: il padre era un aiuto farmacista di idee socialiste e fu per questo perseguitato dai fascisti, la madre era casalinga e gestiva un'osteria assieme alla nonna. Frequenta il ginnasio nella città natale, quindi l'istituto magistrale a Bassano del Grappa. È qui che, il 26 settembre 1944, i nazifascisti costringono lei e altri studenti ad assistere all'impiccagione di 31 prigionieri per rappresaglia: decide così di prender parte attivamente alla Resistenza.
Con il nome di battaglia di "Gabriella" diventa staffetta della brigata Cesare Battisti al comando di Gino Sartor, quindi passa al Comando regionale veneto del Corpo volontari della libertà. Intanto, nel dicembre dello stesso 1944, s'iscrive alla Democrazia Cristiana e partecipa attivamente alla vita del partito.
Dopo la guerra si laurea in Lettere all'università Cattolica di Milano e diviene insegnante elementare. Nello stesso periodo è impegnata nell'attività sindacale in seno alla Cgil e poi, dalla sua fondazione nel 1950, alla Cisl: è dirigente del sindacato dei tessili dal 1945 al 1948 e del sindacato degli insegnanti elementari dal 1948 al 1955. Dal 1958 al 1964 è incaricata nazionale dei giovani nella Dc. Nel 1963 è eletta componente del comitato direttivo dell'Unione europea femminile, di cui diventa vicepresidente nello stesso anno. Nel 1959 entra nel consiglio nazionale dello Scudo Crociato, ed è deputata dal 1968 al 1992, eletta sempre nella circoscrizione Venezia-Treviso; nel corso del suo lungo mandato parlamentare ha fatto parte delle commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali. Si occupa molto dei problemi della famiglia e della donna: si deve a lei la legge sulle pari opportunità. Per tre volte sottosegretaria al ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, dal 29 luglio 1976 è ministra del Lavoro e della previdenza nel governo Andreotti III: un fatto storico, perché l'Anselmi diventa la prima donna ministro in Italia. Dopo quest'esperienza è anche ministro della Sanità nei governi Andreotti IV e V, diventando tra i principali autori della riforma che introdusse il Servizio Sanitario Nazionale. Nel 1981, nel corso della VIII legislatura, è nominata presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2 sino al 1985. Negli anni il suo nome è circolato più volte per la presidenza della Repubblica. e negli anni in cui ricoprì il ruolo di Ministro della Salute fu molto attenta alle questioni che riguardavano le nostre istituzioni. Possiamo certamente salutarla e ricordarla come una cara amica dell’ARIS.