Ha vinto Trump. Inaspettatamente. Al di là del dato strettamente politico che, nel merito, può piacere o meno - ma a noi qui non interessa - l’elezione del 45° Presidente degli Stati Uniti d’America segnala alcune condizioni che, anzitutto sul piano più immediatamente sociologico e culturale, sono sicuramente  significative ben oltre il confine degli States ed istruttive anche per noi, come per tutti i contesti civili del mondo occidentale.

Ha vinto il populismo? Pare di sì, almeno secondo l’accezione general-generica che attribuiamo ad un termine che, a questo punto, merita comunque di essere inquadrato concettualmente in maniera più puntuale. Nel senso che sono stati respinti e sconfitti gli “establishment”; veri o presunti che fossero i riferimenti a quelli che da noi chiamiamo “poteri forti”, le strutture consolidate dei mondi economico-finanziari dominanti.

Infatti non solo è sconfitta Hillary Clinton, che appariva particolarmente vicina a questi ambienti, ma addirittura vince un candidato anomalo, una sorta di “outsider”, rifiutato dal suo stesso partito che pure ne ha espresso la candidatura. E si tratta pur sempre dell’ Elefante che incarna, certo non meno dei democratici, antiche e robuste stratificazioni di potere e di privilegio.

Si potrebbe dire che – dall’una e dall’altra parte – anziché il “popolo delle primarie”, cioè un insieme composito, ma a suo modo organico, di cittadini comunque attivi sulla scena politica del loro grande Paese, ha vinto la “gente” comune. O, forse, si potrebbe azzardare, il “popolino”, cioè un insieme di pulsioni frammentate e disorganiche, ma magmaticamente convergenti.

Seconda considerazione. Lasciamo stare i sondaggi e la loro attendibilità e guardiamo piuttosto ai mass-media ed all’esigenza di rileggerne l’incidenza, soprattutto sul piano della carta stampata e della tv tradizionalista (un discorso a parte meriterebbe la “rete”). Se 265 grandi testate statunitensi sostenevano, più o meno esplicitamente, la Clinton e solo 6 tifavano Trump, vorrà pur dire qualcosa. I media vanno perdendo il loro potere di influire decisamente sulla gente, di condizionare gli schieramenti. E non è cosa di poco conto. La gente comincia a riflettere da sola, fruga nel mare magnum della rete offerta da internet per documentarsi in prima persona, per frequentare quella Piazza comune nella quale ci si confronta, si scambiano opinioni e si formulano convincimenti liberi da influssi “individualistici”.

Ad ogni modo, anche questa vicenda ci induce a riflettere su condizioni, potenzialità e limiti della democrazia nel mondo globalizzato e, soprattutto, sulle strategie necessarie ad affermare efficacemente la difesa e la promozione di quei diritti della persona, i più elementari diritti civili - a cominciare dalla salute e dai migranti - che ora potrebbero essere seriamente a rischio.

 

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

Scarica il questionario