“Come medici comprendiamo meglio di altri il dolore di parenti ed amici che vedono soffrire un proprio caro giorno dopo giorno. Ma ciò non impedisce di ribadire con forza che è inaccettabile, in scienza e coscienza, considerare nutrizione ed idratazione alla stregua di meri trattamenti sanitari e dunque affidarne la somministrazione alla sola volontà del paziente”. A pochi giorni dalla ripresa del dibattito parlamentare sulle DAT ( approvate come è noto alla Camera e ora in procinto di passare all’esame del Senato) i medici che operano nelle strutture sanitarie gestite da enti religiosi alzano la voce e ribadiscono quanto sostenuto nelle settimane scorse dall’ARIS: sospendere idratazione e nutrizione senza un valido motivo terapeutico significa aprire la porta all’eutanasia. Il comunicato diffuso a questo proposito dall’ANMIRS è per noi è una testimonianza estremamente significativa. Sono uomini di scienza, medici che affrontano quotidianamente il dolore e la sofferenza con tutta la loro alta qualificazione professionale oltrechè con tanta dedizione. Assicurano di comprendere e di condividere dolori e sofferenze dei malati e di chi li assiste; si impegnano a lenire con ogni mezzo le loro sofferenze, ad accompagnarli amorevolmente, malati e parenti, lungo un percorso che porta alla naturale conclusione della parentesi umana; e a farlo sostenendo sempre e comunque la dignità della persona, sino all’ultimo istante di vita, rifuggendo tuttavia da ogni accanimento terapeutico e anche dalle stesse idratazione e nutrizione quando dovessero provocare sofferenze ulteriori. Ma non sono disponibili per favorire lo sconfinamento nell’eutanasia.
Si tratta di una bella testimonianza che acquista per noi maggior valore perchè a darla sono i nostri medici, quelli che quotidianamente operano nelle nostre strutture, tra le corsie dei nostri ospedali, accanto a quelli che consideriamo da sempre i nostri malati. Animati dai nostri stessi ideali contribuiscono a creare quell’atmosfera di profonda e amorevole accoglienza che aiuta il malato a non sentirsi un peso nè per i parenti nè per la comunità (quanto pesa sulla volontà di farla finita?). E questo ci conforta e ci spinge ad andare avanti reclamando il rispetto anche per la nostra e per la loro coscienza.