Audizione dopo audizione la proposta di legge sulle DAT - come è noto all’esame del Senato dopo l’approvazione alla Camera - mostra tutta la sua fragilità e tutte le sue incongruenze. E come se non bastasse continuano a pervenire alla Commissione lettere di protesta e di sottolineature di una certa rilevanza. Ultima in ordine di arrivo è quella del Sismel, l’Associazione che riunisce i Medici Legali, attraverso la quale si fa notare che forse, nel redigere il testo del disegno di legge, sarebbe stato opportuno consultare un rappresentante della medicina legale “l’unica disciplina in grado di coniugare la medicina al diritto”. Effettivamente in un provvedimento in cui si affrontano tematiche quali la possibilità di ottenere o rifiutare le cure, un simile intervento più che opportuno sarebbe forse il caso di dire che è necessario. Ricordiamo che all’art. 4 del ddl viene prevista addirittura la possibilità che un soggetto maggiorenne possa nominare un fiduciario non consanguineo, magari un partner del quale solo in quel momento è innamorato ed è in relazione sentimentale, per poi non esserlo più quando gli succederà proprio quell’accidente per il quale lui si era preoccupato di disporre, senza che però abbia provveduto a sostituirlo o ad esautorarlo.
“E’ possibile che il testo non abbia previsto che solo il medico legale può garantire la validità dell’informazione e della capacità di percepirne la portata ai fini di un valido consenso informato, fornita ad un soggetto che versi in una determinata situazione patologica? Ma anche a colui che sia in condizioni di benessere psico-fisico?”, si legge nella lettera del Sismel. E come dargli torto? Ma siamo sicuri che, per la volontà espressa da un paziente in condizioni di benessere a futura memoria, si possa demandare all’impiegato comunale la sensibilità e la responsabilità di valutare se il soggetto, che sta disponendo per quel momento della vita in cui non sarà più in sé, abbia veramente capito e compreso il senso di quello che sta facendo? “E se il soggetto che ivi si reca ad esprimere una volontà così determinante in quel momento si trovasse sotto coercizione psicologica o, peggio, sotto ricatto?”, fanno notare in proposito gli esponenti del Sismel. Ecco dunque un nuovo elemento di dubbio sulla costituzionalità di una norma destinata ad incidere in maniera così efficace su quel momento della nostra vita in cui non saremo più in grado di esprimere la nostra volontà.
Il guaio è che, perdurando questo stato di incertezza, c’è sempre chi specula sulla vicenda per seminare zizzania. E purtroppo, accanto a evidenti strombazzamenti di malcelato libertinismo, c’è chi è più abile nell’esercitare questa” ig-nobile” arte. Così tra le righe di un quotidiano di ben nota fattura, viene spacciata come fine dell’era dei principi non negoziabili per la morale cattolica - leggi il diritto alla difesa della vita dalla procreazione al termine naturale – il ribadire sulle colonne di una rivista dei Gesuiti l’affermazione per cui idratazione e alimentazione vanno assicurate sino alla fine a meno che non siano, a giudizio del medico curante al momento, palesemente inutili al mantenimento in vita della persona, sconfinando così nell’accanimento terapeutico. Ma questo certamente non significa lasciare la possibilità all’individuo di prevederlo e disporlo con grande anticipo. La proporzionalità del trattamento, anche dunque dell’idratazione e dell’alimentazione, va stabilita di volta in volta e a seconda delle reali condizioni del paziente. E su questa convinzione la Chiesa non ha fatto ne farà mai marcia indietro.