Ai genitori del piccolo Charlie – espropriati del loro amore -  solo poche ore per salutarlo.

Certo, c’è chi asserisce che la vita non abbia  prezzo, ma c’è pure chi, in nome della ragionieristica contabilità della spesa, sostiene abbia, però,  un costo e la morte è più a buon mercato della vita.

Ma perché quell’ “autodeterminazione” che vale per morire, non può valere per vivere?

Perché la morte e non la vita appare – soprattutto nelle società più sviluppate, orgogliose della raggiunta “razionalità scientifica”, tronfie dei magnifici e progressivi orizzonti della tecnologia – la via d’uscita più sicura, addirittura l’unica per sottrarsi all’imponderabilità della sofferenza e del destino di ciascuno?

La scienza ha le sue ragioni, anzi i suoi meriti enormi, ma può contraddire, ha il diritto di spegnere quel sentimento umanissimo eppure terribile che spinge a sperare contro ogni speranza?

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