Ormai è troppo tardi: per il piccolo Charlie Gard è morta anche la speranza. I genitori del bimbo hanno ritirato la richiesta di modificare la sentenza originale della Corte, che autorizzava l'ospedale a staccare le macchine che tengono in vita il piccolo. "Per Charlie è troppo tardi, il danno è stato fatto. Non ci sono segni di danni cerebrali irreversibili", ha insistito la mamma, ma "la sua malattia è arrivata a un punto di non ritorno" anche se "non ci sono prove che stia soffrendo". Per la madre di Charlie la terapia sperimentale "si doveva tentare" prima, "Charlie aveva una reale chance di miglioramento".
Poi i mesi sono passati, e ora è troppo tardi. Ma "non è troppo tardi per gli altri" bambini, piccoli con la stessa patologia. "Ora passeremo del tempo prezioso con il nostro Charlie", ha detto la mamma ricordando, senza riuscire a trattenere le lacrime, che non potrà festeggiare il primo compleanno del suo bimbo. Alle sue parole molti nell'aula hanno pianto, come racconta il reporter Joshua Rozenberg della Bbc. In un'aula silenziosa, con i supporter della famiglia Gard pallidi e scioccati, l’avvocato della famiglia, Armstrong, ha descritto i risultati degli esami medici, che sono stati esaminati da Michio Hirano, il medico americano che aveva proposto il protocollo sperimentale. Anche "altri esperti" li hanno valutati, ha spiegato il legale. Risultati che sono stati strazianti per i genitori. "Charlie ha subito un'estesa atrofia muscolare", un evento "irreversibile". E neanche con il protocollo ci sono possibilità di un miglioramento, ha detto Armstrong.
"Le paure peggiori dei genitori sono state confermate dal team internazionale di esperti". C'è stata una mediazione con i medici del Gosh, e i colloqui potrebbero continuare domani. "I genitori hanno combattuto per preservare la vita di Charlie quando pensavano che fosse nel suo interesse. Una volta stabilito che non c'era alcuna possibilità medica, hanno accettato il consiglio legale di ritirare i procedimenti" davanti alla giustizia, ha detto Armstrong. Resta il fatto che non si può uccidere per legge anche la speranza. Ed è in questo senso l’appello lanciato dal Rettore dell’Università degli Studi di Tor Vergata Giuseppe Novelli, intervenuto ad una nota trasmissione radiofonica, il quale ha esortato i politici italiani “ a pensare ad una legge che contempli degli accessi privilegiati alle terapie per la cura delle malattie rare”. Anche perché si possa riuscire a compiere in tempi brevi l’iter dai laboratori di ricerca e sperimentazione al letto del malato