C’era da aspettarselo. Mai avremmo pensato, però, che fossero così rapidi. O forse erano già preparati. Sta di fatto che l’esercito della morte libera è sceso in campo. Agguerrito più che mai. Del resto i primi squilli di tromba si udirono immediatamente, frammisti all’applauso degli scudieri inneggianti, nell’aula parlamentare che accolse l’approvazione della legge sulle DAT.
“E adesso l’eutanasia…” addirittura gridò una Parlamentare, ben nota per le sue campagne… umanitarie, tra un brindisi e un hurrà! Mentre un’anomala maggioranza - nella quale confluirono frettolosamente i parlamentari che si erano fatti eleggere presentandosi come paladini cristiani, ma poi rimasti per la maggior parte in un angolo oscuro – si era affrettata a giustificarsi con l’affermazione che quanto sanciva quella legge “non era l’eutanasia”.
In realtà quella sulle DAT è sembrata, e lo sembra ancora oggi, una “legge fisarmonica”, come scrive Avvenire. Una legge cioè aperta, e allo stesso tempo chiusa, ad ogni interpretazione, a dubbi di vario genere. Ma soprattutto aperta anche a possibili stravolgimenti giurisdizionali. Infatti a creare ancor più confusione, sono stati chiamati in causa anche magistrati, che ora avanzano dubbi persino sulla costituzionalità di una parte del codice penale, precisamente laddove è considerato reato qualsiasi tipo di influenza istigativa al suicidio (accompagnamento nel convincimento, rafforzamento della decisione, aiuto all’attuazione del suicidio). La bandiera sventolata sarebbe il diritto alla libertà di ogni individuo, costituzionalmente garantito. Dunque anche alla libertà di scegliere dove e quando morire, anche al di là della presenza o meno di una malattia terminale o invalidante. E le prime avvisaglie che questa “scesa in campo della magistratura” fosse velatamente nei progetti di chi ha voluto l’approvazione di questa legge, erano insite nella bocciatura immediata di tutti gli emendamenti proposti dalle Associazioni, cattoliche per la maggior parte. Anche noi, come ARIS, ne avevamo proposte e sostenute alcune. E se i fautori della liberalizzazione estrema hanno rinunciato all’idea di giungere subito alla legalizzazione dell’eutanasia, forse avevano già in animo di passare la mano alla giurisprudenza creativa. Con i risultati che ora si vanno delineando. C’è già chi grida alla vittoria e inneggia al “diritto alla libertà di scelta di dove, come e quando morire”.
E’ però strano che nel nostro Paese il “diritto alla libertà ” sia invocato solo ad uso e consumo di chi vuole imporre le proprie idee su quelle di tutti gli “altri”e a secondo delle circostanze. Ma ancor più strano è che questo stesso acclamato diritto venga negato a chi oppone convincimenti etici e morali, a chi cerca rifugio, a chi vuole semplicemente vivere una vita dignitosa e non ai margini del bel Paese. Se libertà deve esserci, ci sia per tutti.
Auspichiamo che anche chi è chiamato a dare informazione sia capace di rispettare la libertà di ciascuno, offrendo lo stesso spazio a chiunque la proclami. E’ chiedere troppo?