“Bioetica Globale”, il tema al centro del Workshop proposto dalla “Pontificia Accademia per la Vita”, a Roma, per fine mese, rimanda, anzitutto, a due concetti o meglio a due campi di riflessione cui è urgente e doveroso tornare.

Una riflessione non accademica, ma orientata a farsi azione, cammino, per quanto faticoso dentro lo spessore opaco della storia dei nostri giorni.

Da parte di chi crede e di chi non crede. Anzi due ambiti che possono essere assunti come terreno privilegiato di ascolto reciproco, di un confronto e di un possibile lavoro condiviso: la responsabilità come impegno “personale” e la ricerca di un nuovo umanesimo che possa reggere la sfida delle trasformazioni incombenti. Il che vuol dire riportare la persona, secondo l’interezza della sua densità ontologica, al centro del ring su cui una umanità, affannata ed insieme distratta, combatte o forse piuttosto subisce processi destinati ad incidere pesantemente sulla sua stessa concezione di sé, su quella nuova antropologia “in fieri” che sembra e può essere la “cifra” del secolo in cui ci siamo ormai inoltrati.

Anche per chi opera nel mondo della salute e quotidianamente incontra situazioni ed argomenti che lo interpellano circa l’etica della vita, la sollecitazione a cogliere la dimensione “globale” dell’etica e l’evocazione dei mille intrecci che, ad esempio, connettono il vissuto di ciascuno con il contesto sociale, con il più vasto orizzonte ambientale in cui si colloca, aprono una prospettiva di grande fascino, capace di accendere uno sguardo nuovo anche sullo stesso versante clinico del suo lavoro.

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