Il prossimo numero di ARIS SANITA’ (la cui pubblicazione è prevista per il prossimo mese di settembre) ospiterà una riflessione del professor Luciano Eusebi a proposito della legge sul fine vita, con specifico riguardo al rapporto tra paziente e medico. Riteniamo opportuno, in attesa della pubblicazione integrale del testo, proporre intanto all’ attenzione dei nostri associati alcuni elementi condivisibili di questa riflessione. Nell’articolo si evidenzia per esempio come costituiscano oggetto della legge le scelte del paziente attuale o potenziale concernenti la tipologia e l’estensione nel tempo del ricorso ai trattamenti sanitari: non, invece, il così detto diritto di morire, cioè il diritto di usufruire di un’altrui collaborazione direttamente finalizzata al prodursi della morte (in questo senso, si considerano criticamente alcune delle argomentazioni proposte nella ordinanza 14-2-2018 con cui la Corte d’assise di Milano ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p.). Viene anche rimarcata l’esigenza dell’informazione medica affinché le scelte sui trattamenti sanitari si configurino come espressione effettiva dell’autonomia di chi le esprime: il che non può non valere anche con riguardo alla validità delle disposizioni anticipate di trattamento.
Un particolare approfondimento è dedicato alle previsioni con le quali la legge tratteggia doveri del medico senza menzionare il rilievo del consenso del paziente, alla dimensione anche soggettiva del giudizio di proporzionalità delle terapie, al ruolo della clausola di coscienza di cui al codice di deontologia medica nonché alla competenza medica nell’ identificare i confini dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali intese come trattamento sanitario. Si sottolinea la delicatezza del rilievo che venga di fatto attribuito a valutazioni di ordine economico in sede di redazione delle linee guida. Il professor Eusebi conclude il suo scritto auspicando un impegno credibile per il sostegno delle famiglie che assistono congiunti affetti da patologie croniche e perché ci si astenga da sollecitazioni massmediatiche indirette, nei confronti dei malati non guaribili, orientate alla rinuncia verso attività terapeutiche tuttora ragionevoli.