La Corte Costituzionale si è  pronunciata per la “non punibilità’” dell’aiuto al suicidio . Apre, in tal modo, la strada all’introduzione dell’eutanasia anche nel nostro ordinamento giudiziario.  E’ una grave sconfitta per tutti.

Anche per coloro che oggi esultano e non si rendono conto che ci stiamo arrendendo alla logica della morte. Nella nostra civiltà sta prevalendo una pericolosa deriva di disprezzo e di precarizzazione della vita che, inevitabilmente, colpisce i più’ deboli. Sotto le mentite spoglie di un “buonismo” che invoca, a parole, libertà e dignità, passa, al contrario, un messaggio devastante per tutti i pazienti che si trovano in condizioni di difficoltà’ estrema.

Sono autorizzati a ritenersi un peso insopportabile per una società che preferisce abbandonarli alla loro solitudine e non e’, al contrario, in grado o non vuole apprestare quei presidi morali prima che tecnici che consentano di sentirsi apprezzati ed accolti in ogni caso.

Guardiamo con grande amarezza, ma senza rassegnazione a questo scenario che, per quanto secondo la Consulta, riguardi solo le strutture sanitarie pubbliche, pur ci coinvolge in un contesto culturale che spetta anche a noi contrastare. Ora la parola passa al Parlamento che, per quando sia indotto a legiferare secondo una traccia preordinata dalla Corte, deve assumere fino in fondo le sue responsabilità’.

Anche di fronte alla pesante sfida che l’orientamento della Corte  rappresenta per gli operatori sanitari per i quali invochiamo fin d’ora il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, presidio essenziale della loro dignità’ umana e professionale.

 

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