Avviato all’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia uno studio biennale sull’interazione tra gene e ambiente come fattori scatenanti della depressione.
La ricerca della struttura bresciana mira a comprendere le origini e i meccanismi di sviluppo di questo “male oscuro” per potere intervenire prontamente sui soggetti a rischio.
I numeri di questa patologia, che colpisce circa il 5% della popolazione mondiale, sono in forte crescita. Secondo l’OMS, essa rappresenterà a breve la seconda causa di invalidità più diffusa al mondo.
Le cause sono molteplici e cambiano da persona a persona, è possibile individuare però due principali fattori di rischio: ambientale (le esperienze e i comportamenti appresi nel corso della propria vita possono rendere vulnerabili alla depressione), e genetico (alcune persone sono geneticamente più predisposte a disturbi dell’umore).
Ambiente e genetica sembrano delineare quindi il volto della depressione. Non a caso recenti studi hanno suggerito come i traumi infantili possano favorire l’insorgere di questa patologia psichiatrica.
Il progetto di ricerca dell’IRCCS FBF di Brescia si prefigge di individuare prematuramente i soggetti a rischio, analizzando come l’esposizione a eventi stressanti e traumatici possa agire sul gene FoxO1, coinvolto in diversi processi biologici di tipo infiammatorio e immunitario, modulato da eventi stressanti e maggiormente espresso in chi sviluppa depressione.
Finanziato dalla Brain & Behavior Research Foundation, associazione americana che investe nelle neuroscienze e nella ricerca in psichiatria per comprendere le cause dei disturbi mentali e comportamentali, lo studio verrà condotto in collaborazione con altri centri di ricerca, e provvederà ad analizzare diversi gruppi di soggetti depressi con e senza traumi pregressi, confrontandoli con gruppi di controllo di persone sane con e senza traumi vissuti in precedenza.
Altro obiettivo della ricerca è capire quando avvengono queste alterazioni del gene, che rendono più esposti alla depressione.
“Sappiamo che nelle primissime fasi della vita il cervello è plastico ed è in grado di “attutire” i colpi – spiegano i ricercatori – ma sarà importante capire qual è la finestra temporale dopo il trauma in cui si sviluppano i danni, se ad esempio già nell’infanzia o più avanti nell’adolescenza, in modo da intervenire in modo più preciso e mirato”.