La hanno definita una vera e propria pandemia dei paesi industrializzati, fa una vittima ogni 4 secondi. Nella giornata mondiale sulla sepsi, indetta per il 13 settembre, non sono mancate le dichiarazioni di preoccupazione per quella che costituisce la principale causa di morte per ragioni infettive.

Frequente nei pazienti delle UTI (Unità di Terapia Intensiva), spesso rappresenta il motivo primario di ricovero nelle unità intensive.

“Serve una maggiore attenzione – ha scritto in una nota l’Associazione microbiologi italiani (Amcli) – a questa patologia e uno sforzo congiunto da parte dei medici di famiglia, medici di pronto soccorso, microbiologi e infettivologi”.

“Uno sforzo – continua la nota – è richiesto anche alle ditte produttrici dei diagnostici, affinché i test ormai disponibili e in grado di accorciare di molto i tempi di risposta delle emoculture possano scendere a prezzi accessibili al SSN”.

“Oltre ad essere un grave problema per la salute umana (mortalità 20-40%) – ha spiegato Pierangelo Clerici, presidente Amcli – ha anche un enorme impatto economico. Nel nostro Paese in cui si stimano oltre 6mila casi all’anno, la spesa aggiuntiva annua supera i 15 milioni di euro”.

Oggi le nuove tecniche riescono a dare risposte diagnostiche rapide, molto importanti per il trattamento della patologia, che, se presa in tempo, ossia entro le 12 ore dall’insorgenza dei sintomi, diminuisce il rischio di esito infausto.

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

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