Robot chirurgici sempre più piccoli e capaci non solo di operare con maggiore precisione, ma anche di predire e prevenire le malattie. Tecnologie e strumenti traslazionali in grado di rilevare e analizzare la risposta individuale ai farmaci. Biomarcatori genetici ed epigenetici in grado di migliorare l'appropriatezza in campo diagnostico e terapeutico. È la medicina delle “5 P”, capace di riscrivere la battaglia contro le malattie. “P” come di precisione, ma anche predittiva, personalizzata, preventiva e partecipativa.
Delle nuove frontiere per la salute dell'uomo si è parlato all'annuale Giornata della Ricerca dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, quest'anno dedicata a “Innovazione e Tecnologia”. Ormai si progettano robot con braccia dal diametro di un capello, capaci di vedere dentro e sotto gli organi, in grado di esaminare cellule senza più bisogno di biopsie, in modo da ottenere diagnosi sempre più precoci. Il trend del futuro è quello di robot in scala nanoscopica, specializzati su singole tipologie di intervento e che iniziano a prendere decisioni, magari reagendo ai comandi solo visivi del chirurgo, che naturalmente non potrà essere mai sostituito. Attualmente in Italia sono operativi circa 90 robot chirurgici. Dal 1999 ad oggi sono stati operati oltre 70mila pazienti e i numeri sono in continua crescita. I principali vantaggi della chirurgia robotica sono la facilità di accesso a zone anatomiche difficoltose, la visione tridimensionale del campo operatorio (il chirurgo si trova come ‘immerso' nel corpo del paziente) e le piccole incisioni che consentono di abbreviare la degenza in ospedale. Il limite più importante, soprattutto in tempi di scarsità di risorse come gli attuali, è l'alto costo dell'apparecchiatura, che si attesta tra i 2 e i 3 milioni di euro, cui si deve aggiungere la spesa annuale di manutenzione, circa 100mila euro. Un investimento che si giustifica soltanto con un utilizzo full-time.