Ammonta a 35,2 milioni di euro la cifra impiegata dagli italiani nel 2016 per la cura della salute, un aumento del 4,2% in tre anni. Nell’ultimo anno, 13 milioni di abitanti del Bel Paese si sono trovati in difficoltà a causa delle spese sanitarie che hanno dovuto sostenere privatamente, di questi i 2/3 sono affetti da malattie croniche, non autosufficienti e con reddito basso. 7,8 milioni di cittadini hanno dovuto dar fondo ai propri risparmi, o contrarre debiti, e 1,8 milioni sono finiti al di sotto della soglia povertà.
Dati non confortanti quelli diffusi dal Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentato a Roma al Welfare Day 2017. Esponenti delle istituzioni, politici, associazioni datoriali, sindacati, associazioni dei consumatori, esperti del mondo della salute si sono dati appuntamento per confrontarsi, trovare sbocchi e adottare soluzioni che coniughino sostenibilità, equità e capacità assistenziale.
Le cifre parlano di 12,2 milioni di italiani che hanno rinviato il ricorso a prestazioni sanitarie, o rinunciato del tutto, con un incremento di 1,2 milioni rispetto all’anno precedente. Solo il 20% della popolazione può ricorrere a polizze sanitarie integrative, tramite accordi previsti dal proprio contratto di lavoro o dalla propria azienda o stipulati individualmente.
E se questo non bastasse nei prossimi anni il SSN sarà in serie difficoltà nel suo compito di garantire il mantenimento degli attuali standard assistenziali; si prevede, infatti, che nei prossimi dieci anni mancheranno dai 20 ai 30 miliardi euro da impiegare a tal proposito.
“Più di un italiano su quattro non sa come far fronte alle spese necessarie per curarsi e subisce danni economici per pagare di tasca propria le spese sanitarie – ha spiegato Marco Vecchietti, Consigliere Delegato di Rbm Assicurazione Salute – intanto la stessa spesa sanitaria privata, che oggi pesa circa 580 euro pro capite, nei prossimi dieci anni è destinata a raggiungere la somma di mille euro pro-capite, per evitare il crack finanziario e assistenziale del Ssn”.
Le voci di spesa per le quali risulta più difficile avere accessibilità alle cure sono le visite specialistiche (74,7%), l’acquisto dei farmaci o il pagamento del ticket (53,2%), gli accertamenti diagnostici (41,1%), l’odontoiatria (40,2%), gli esami ematici (31%), lenti e occhiali da vista (26,6%), prestazioni riabilitative (14,2%), protesi, tutori e vari ausili (8,9%), in ultimo spese di assistenza sociosanitaria.
Le soluzioni prospettate sono state la creazione di un secondo pilastro sanitario complementare per tutti i cittadini (modello francese) e l’esternalizzazione di alcune assistenze, che promuova un’assunzione di responsabilità per i cittadini con i redditi più alti, mediante l’assicurazione privata della totalità delle loro cure, con un risparmio impiegato a beneficio dei cittadini più bisognosi (modello tedesco).
“Il Sistema Sanitario deve essere riorganizzato sulla base di modello multipilastro perché la sostenibilità è una direttrice prioritaria per guidare nuove politiche, piani e programmi – ha ribadito Vecchietti – è giunto il momento di scrivere nuove regole che possano preservare i fondamentali del nostro Sistema Sanitario, garantendo una risposta sicura per la nostra Salute e per quella delle future generazioni”.