Il III Rapporto sulla condizione delle persone con Malattia rara in Italia - realizzato dalla Federazione italiana malattie rare Uniamo F.I.M.R. onlus, grazie al contributo non condizionato di Assobiotec e con la collaborazione del ministero della Salute, dei Centri di coordinamento regionale per le malattie rare, Aifa, Cnmr-Iss, Orphanet, Telethon, Tngb, dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare e di alcune società scientifiche – mostra quanto ancora alto sia il gap persistente tra Nord e Sud,  testimoniato anche  dal numero dei centri italiani partecipanti alle Ern (European Reference Networks): 44 al Nord, 13 al Centro e 9 al Sud - l’assenza di misure di inclusione adeguate, a cominciare dalla scuola e la mancata adozione di “Drg” per remunerare sia le consulenze a distanza sia la complessità della gestione assistenziale della persona con malattia rara, tra ospedale e territorio. Passi avanti in questo senso ne sono stati fatti, anzi si sono raggiunti punti di forza e di eccellenza - dalla ricerca, all’implementazione dei registri regionali, fino all’aumento della disponibilità dei farmaci e all’implementazione di novità legislative importantissime, tra cui i nuovi Lea, il “Dopo di noi” e la legge sullo screening neonatale per le malattie metaboliche ereditarie - ma c’è ancora da superare la forte disomogeneità delle risposte e dei modelli regionali. Inoltre  e non vanno dimenticati alcuni aspetti negativi “di sistema” come la mancata costituzione del Comitato nazionale previsto dal Piano nazionale Malattie rare 2013-2016, la mancata valutazione dello stesso Piano, il non avvio della nuova programmazione di settore, insieme a delle criticità che persistono, come le disomogeneità territoriali nell’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari e sociali.

 Nuovi Livelli essenziali di assistenza, Piano nazionale cronicità, Piano nazionale vaccini e nuova legge sulla responsabilità professionale. Sono questi i macro temi che, al di là della partita economica, i medici convenzionati hanno portato come acqua al mulino della causa di un nuovo Atto d’indirizzo. E sono questi temi che, alla vigilia della riunione  del  Comitato di settore Sanità - in cui finalmente dovrebbe mettere le ali il nuovo Atto - la ministra della Salute pone al cuore della lettera appena inviata al presidente del Comitato, Massimo Garavaglia. Che è anche coordinatore degli assessori alle Finanze e che, all’indomani dello stato di agitazione annunciato dalla Fimmg, ha sciolto gli indugi “aprendo” sul nuovo testo. E’ necessario valutare «l’opportunità di aggiornare gli atti di indirizzo per l’area della medicina convenzionata (medici di famiglia, pediatri e specialisti ambulatoriali», si legge nella lettera di Lorenzin. Non solo: «L’aggiornamento dei richiamati atti d’indirizzo risponde anche all'esigenza - scrive Lorenzin - di prevedere interventi finalizzati ad un ricambio generazionale nell'ambito della medicina convenzionata, attraverso meccanismi volti a non interrompere l'assistenza sanitaria territoriale, quali la velocizzazione dell'accesso alla professione da parte dei giovani medici e il loro coinvolgimento già nel corso del periodo di formazione». Dalla ministra arriva dunque l’avallo politico a una ripresa delle trattative che ampli l’orizzonte della bozza di Acn ferma alla Sisac di Vincenzo Pomo, rivedendola all’origine. Cioè ripartendo proprio da quell’Atto d’indirizzo su cui il Comitato di settore fino a oggi aveva preferito non concentrarsi.

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