Il Consiglio di Stato ha dato parere favorevole (n. 1939 del 31 agosto 2017, pubblicato il 4 settembre) al decreto che attua la riforma Madia e determina la nuova disciplina delle visite fiscali ora in capo all’Inps.
Il decreto dispone che la richiesta della visita di controllo a carico del lavoratore in malattia possa essere formulata dal datore di lavoro fin dal primo giorno di assenza del lavoratore oltre che disposta su iniziativa dell'Inps. Indica inoltre che le comunicazioni tra datore di lavoro e Inps e tra quest’ultimo e i propri medici fiscali avvengano attraverso canali telematici.
Il Consiglio di Stato, pur dando il suo placet, ha comunque formulato 4 osservazioni, attraverso le quali invita a precisare meglio nel testo finale alcuni argomenti.
Prima di tutto la necessità di equiparazione tra pubblico e privato, attraverso l’armonizzazione della disciplina delle fasce orarie di reperibilità tra dipendenti pubblici e dipendenti del settore privato.
Riguardo la richiesta della visita di controllo all’Inps, il Consiglio di Stato sottolinea che la norma si limita a prevedere che “la visita può essere disposta … anche su iniziativa dell'INPS”, senza chiarire i criteri in base ai quali ciò può avvenire, e “invita” quindi l'Amministrazione a “valutare l'opportunità, in sede di stesura definitiva del presente provvedimento, di precisare ulteriormente la disposizione”.
Altro punto su cui i giudici si soffermano è la “mancata accettazione dell’esito della visita”. Il decreto prevede che il medico informi l’Inps che “predispone apposito invito a visita ambulatoriale”, senza tuttavia specificare, viene sottolineato, che tale invito deve essere consegnato al lavoratore nel rispetto delle garanzie di riservatezza previste dal Codice della privacy. L’alto organo chiede inoltre che, seppure non esplicitamente previsto, il provvedimento sia sottoposto anche al parere del Garante per la privacy, soprattutto per il fatto che è previsto che gli scambi di informazioni avvengano per via telematica.
Infine, sulla possibilità di “rientro anticipato a lavoro”, il Consiglio di Stato evidenzia la necessità di modificare il concetto di “rettifica” che il lavoratore deve chiedere al certificato e che “deve essere effettuata dal medesimo medico che ha redatto la certificazione di malattia ancora in corso di prognosi”. Il concetto così espresso presuppone l’esistenza di un errore di giudizio, che invece, secondo i giudici, potrebbe non essersi verificato: il decorso della malattia, infatti, potrebbe aver subito modifiche non prevedibili al momento della diagnosi e tali da consentire un ritorno anticipato al posto di lavoro. Il Consiglio di Stato “invita” quindi l’Amministrazione, al momento della stesura definitiva del provvedimento, a utilizzare una terminologia differente, ad esempio “certificato sostitutivo”, e, per evitare aggravi nel procedimento, a prevedere la possibilità che la rettifica sia effettuata da un altro sanitario, e non necessariamente dallo stesso medico che ha rilasciato il certificato, che potrebbe in quel momento non essere disponibile, ritardando così la ripresa del lavoro.