Utilizzare le nuove tecnologie senza tralasciare la centralità del paziente e il suo essere persona bisognosa di cure oltre che di terapie è la sfida del nuovo umanesimo e il tema principale che ha caratterizzato il convegno “La formazione del medico nell’era digitale”, svoltosi recentemente all’ Università degli Studi di Salerno.
“Le nuove tecnologie non vanno demonizzate perché hanno dalla loro parte una nuova spinta per tutta la medicina – ha affermato Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici - L’importante è non offuschino il rapporto medico-malattia. Non bisogna affidare i pazienti solo alla tecnologia, gli ammalati devono essere accompagnati e curati”.
Gli esperti intervenuti sono stati tutti concordi sulla necessità di evitare che la tecnologia svilisca il rapporto empatico medico-paziente, fondamentale per il raggiungimento del risultato, della cura e della guarigione.
Le nuove tecnologie, infatti, se dalla loro parte hanno una nuova spinta per tutta la medicina, sul versante dello studio dei tumori, delle diagnosi precoci, delle diagnosi prenatali e in tantissimi altri settori, dall’altra è oltremodo necessario che non spersonalizzino il rapporto con i sanitari e non sviliscano quell’umanizzazione delle cure, che si è visto essere parte fondamentale per il buon esito delle terapie.
Sulla “pastorale sanitaria e medical humanity” si è soffermato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale della Pastorale sanitaria della Cei, ponendo l’accento sull’ importanza dell’ interdisciplinarietà per la cura della salute e sulla figura del cappellano presente nelle strutture sanitarie: “Occorre avere rispetto del credo del paziente – ha sottolineato - la cura della malattia e dell’ammalato devono procedere di pari passo”.