Non sanno più dove metterli ma tant’è ormai dobbiamo sempre più abituarci a convivere con loro, con i sensori. Ce ne sono di diversi tipi e diffusi un po’ ovunque. Anzi siamo già forse al punto da sentirne la mancanza quando non ci sono. Eh sì perché alla fin dei conti ci facilitano anche la vita: aprono le porte, aprono e chiudono rubinetti, nei water più sofisticati svolgono diverse funzioni, aiutano a parcheggiare l’auto senza tante difficoltà e ora frenano anche davanti ad un ostacolo improvviso e, addirittura già circolano negli Stati Uniti machine senza guidatore… ma che sarebbero finiti anche nelle nostre bocche…. Eppure l’esistenza di un sensore da bocca è testimoniata dalla rivista Advanced Materials che pubblica i risultati di un progetto messo a punto dei ricercatori della Tufts University School of Engineering . Qualcuno troverà di certo questa soluzione un po’ inquietante, se non intrusiva della privacy. Ma se la si considera senza troppi pregiudizi, è facile apprezzarne i possibili vantaggi. Si tratta di un rivoluzionario sensore miniaturizzato, un quadratino di appena 2 mm x 2 mm, da applicare sulla superficie di un dente e in grado di comunicare in modalità wifi ad un device mobile (come un telefonino ad esempio) quanto glucosio, sale, alcol, ecc. transitano per le nostri fauci. Le applicazioni ipotizzate per questo minuscolo ‘Grande Fratello’ da incisivo sono quelle di monitorare e registrare una serie di nutrienti e sostanze chimiche, ma anche di alcuni stati fisiologici.

Non è la prima volta che si tenta la strada del sensore da bocca, ma fino ad oggi con risultati poco praticabili. Quello messo a punto dai ricercatori della Tufts invece, oltre ad essere minuscolo ha la possibilità di aderire perfettamente alla superficie irregolare dei denti e la sua azione può essere paragonata a quella di un ‘telepass’ che registra tutto quanto passa per la bocca, trasmettendolo ad un ricevitore. Il sensore costa di tre strati: quello centrale adsorbe i nutrienti o le sostanze chimiche da rivelare ed è contenuto all’interno di da due ‘cornicette’ dorate (i due strati esterni). La struttura nel suo complesso si comporta come un’antenna che raccoglie e trasmette segnali nello spettro delle radiofrequenze (variabili a seconda della sostanza registrata). Da questo momento dunque occhio… anzi dente a cosa mangiamo: un sensore potrebbe spiarci.

 

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

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