Starbucks e le altre catene di caffetterie californiane dovranno a breve indicare sulle loro iconiche tazze di caffè il warning ‘può causare il cancro’, assimilando di fatto la bevanda nera ad un pacchetto di sigarette. Una decisione che era nell’aria da fine gennaio, ma che adesso è stata formalizzata da Elihu Berle, giudice della Corte Suprema di Los Angeles. Colpevole di tanto allarme e di richieste di risarcimento milionarie, è l’acrilamide, sostanza che si forma con la tostatura del caffè e che si stima possa causare un caso di tumore in eccesso ogni 100.000 persone. La National Coffee Association (NCA) in una nota ha dichiarato che “le etichette di avvertenza (i ‘warning’) sul caffè sarebbe fuorvianti, visto che le linee guida dietetiche del governo americano indicano chiaramente che il consumo di caffè può rientrare in un sano stile di vita”. Ma il giudice Berle è dell’idea che Big Coffee non abbia onorato l’onere della prova, “non avendo fornito prove schiaccianti che il consumo di caffè possa apportare benefici alla salute umana salute”, né che i livelli di acrilamide di una tazza di caffè siano inferiori alla soglia rischio per la salute.

E le cose pare non si stiano mettendo troppo bene per Starbucks and co. (prova ne è che molte catene di caffetterie secondo indiscrezioni starebbero già optando per un accordo, senza andare avanti con la causa); il punto è che, secondo Raphael Metzger, legale rappresentante del CERT, Big Coffeeavrebbe impunemente infranto per anni la cosiddetta ‘Prop 65’, una legge dello Stato della California, nota anche come ‘Safe Drinking Water and Toxc Enforcement Act’, approvata nel 1986, che richiede di indicare chiaramente con una speciale etichetta di avvertenza la presenza di una qualsiasi tra le circa 900 sostanze chimiche in grado causare alterazioni congenite o tumori.

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

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