Carissimo Don Vincenzo,

ma che scherzo ci hai fatto? Perché è uno scherzo vero? Non puoi averci lasciato così…. O forse si: sei voluto andar via in punta di piedi, come hai vissuto tutta la tua vita. Senza voler disturbare nessuno.

Ma ora ci lasci nello sgomento. Si, lo sappiamo non avresti mai voluto recare dolore ad alcuno. Ma non è mai facile affrontare la morte di una persona cara, amico o parente che sia. Anche quando la conoscenza è solo superficiale, o il legame affievolito dal passare degli anni, il peso della malinconia – e a volte della disperazione – si attanaglia facilmente su noi che rimaniamo. E poi ci lasci con tanta curiosità. Anche l’ultima volta che sei venuto a trovarci in ARIS ci hai confessato di avere un cruccio fisso: quello di non trovare tutto il tempo necessario per tradurre in scritti le tue proposte, le tue infinite intuizioni, le tue idee illuminanti. Davanti al fiume impetuoso scaturito dal tuo cuore, non è difficile credere quanto avresti ancora reso fertile la messe che il Signore ti ha affidato e che ancora per decenni lo sarà.

Ad altri ricordi l’elenco delle sementi che hai sparso sulla tua madre terra. Noi vorremmo in questo momento di grande dolore, essere riflesso dell’immagine che hai lasciato impressa negli occhi della nostra anima. Quella dell’umiltà della tua grandezza, della semplicità della tua magnanimità, della gioia della tua solidarietà, della gratuità di ogni tuo dono e, consenticelo, dell’allegria della tua mensa sempre imbandita per tutti, con le tue stesse mani e con quelle dei tuoi tanti, tantissimi figli. spirituali.

Anche per noi eri e sarai sempre padre. E per questo vogliamo essere testimoni della tua ricca eredità spirituale; quella Croce che tu ci hai sempre mostrato come via della nostra vita. Ti ricordi? Un giorno parlandoci del tuo sacerdozio ci dicesti “Non esiste Vangelo senza croce né sacerdozio senza crocifissione. Ai piedi di questa Croce ho vissuto e vivo con slancio un’esperienza insieme drammatica ed esaltante”.

Non sappiamo se sorella morte ti abbia lasciato il tempo di ripensare, come era tuo desiderio fare al momento del congedo da questa vita, “a quello che ho saputo dare – ci dicevi spesso - e a quello che ho ricevuto e questo sarà il resoconto che mi farà capire se il mio passaggio su questa terra avrà avuto un senso. Vedrò intorno a me persone che fingeranno di essere dispiaciute per soddisfare l'occhio della gente e vedrò, e alcune neppure avrò la possibilità di vederle, persone che mi hanno amato veramente e che lo hanno fatto per quello che sono, senza pretendere da me che io cambiassi le mie stranezze, la mia vita o il mio modo di essere e di pensare, ma si sono solo accontentate di sapere l'amore che io nutrivo per loro senza pretese di alcun tipo”.

Caro Don Vincenzo certo tu puoi già vederlo. Ma se non dovessi vederlo - perché magari sei troppo impegnato per capire come da ora in poi dovrai muoverti per continuare la semina - te lo diciamo noi: c’è oggi una folla intorno a te che tenta disperatamente di trasformare le lacrime in una di quelle preziose tessere del fantastico mosaico d’amore che hai saputo costruire intorno a te. E se non ti basta quello che diciamo noi, prendiamo in prestito una frase di Pablo Neruda contenuta in una poesia dedicata all’amore eterno, dopo la morte: “Non c’è immensità che valga quanto abbiamo vissuto”. E tu hai vissuto tanto, tantissimo. Troppo poco per noi.

Ciao Don Vincenzo, ora riposati un po’ prima di ricominciare.

Noi vogliamo assicurarti il nostro ricordo e non solo. Ti assicuriamo il nostro amore perpetuo perché, e consentici di citare ancora Neruda, questo nostro amore non è finito “e così come non ebbe nascita no ha morte”. Esso è come quel lungo fiume sgorgato dal tuo cuore: oggi cambia solo terra e labbra.

La tua famiglia dell’ARIS

 

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

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