Primo caso in Italia di Servizio di Attenzione Spirituale e Religiosa(SASR). L’iniziativa ha preso il via dai Centri della Provincia Lombardo Veneta dei Fatebenefratelli.
Il servizio, uno dei pochi presenti in Europa, è garantito dal cappellano e da un laico referente del SASR, in collaborazione con gli operatori sanitari, i volontari sensibili alla dimensione spirituale e religiosa, e il Centro Pastorale della Provincia Lombardo Veneta.
Obiettivo principale è di accompagnare le persone assistite secondo le loro necessità spirituali e religiose. A questo proposito verrà promossa l’umanizzazione e la formazione degli operatori sanitari per venire incontro a questi bisogni.
“Relazionarsi con il senso del proprio progetto di vita, riconciliarsi con se stessi e con i propri cari, anche accettare la fase di sofferenza e la prospettiva della morte - spiega fra Salvino Zanon, responsabile della Pastorale della Provincia Lombardo Veneta - sono bisogni ricorrenti nella malattia che solo figure specificamente formate e fortemente motivate possono aiutare ad affrontare e a risolvere”.
Il referente laico del Servizio è una figura che ha ricevuto una formazione post-lauream e continua, e si muove integrandosi con le varie equipe curanti. E’ chiamato ad instaurare una relazione con il malato incentrata sull’aspetto umano della sofferenza, aiutandolo a ricondurla ad un orizzonte di senso che può essere - o non essere - quello religioso, ma che rientra sicuramente in una dimensione spirituale e non medica.
Si tratta di una presenza nuova per il Sistema Sanitario Nazionale, che inserisce già il cappellano ospedaliero (sacerdote, diacono o religiosi e religiose) nell’ordinamento sanitario.
Presenza nuova anche per la Chiesa che, pur avendo aperto grandi spazi ai laici con il Concilio Vaticano II, non si avvaleva di figure come questa.
Nella pratica il referente laico si affianca alle figure esistenti e collabora con esse. Una volta inserito nella struttura, si adopera per rilevare le necessità spirituali e religiose del pazienti - con apertura alle varie fedi o culture (creando collegamenti con referenti di altre fedi religiose quanto richiesto) - accompagnare le persone secondo tali esigenze, organizzare incontri di gruppo sulle tematiche spirituali e religiose, partecipare alla liturgia e alla celebrazione dei sacramenti e collaborare con la Chiesa locale. Lavora per garantire al paziente dimesso di poter proseguire il proprio cammino spirituale/religioso qualora lo desideri e risulti significativo, collaborando con le parrocchie/unità pastorali del territorio.
“La chiave dell’attenzione spirituale e religiosa individuale - sottolineano gli operatori - consiste in un buon accompagnamento del processo della malattia e dell’esperienza di fede del paziente, se la possiede, con apertura alle varie culture e credenze, secondo le necessità evidenziate dalla persona e dalla sua famiglia. Il tempo della malattia è spesso un momento particolare e critico per la persona che lo affronta: a lei ci si affianca per offrire un tempo di riflessione, di “presenza” e disponibilità, per aiutare a ritrovare un “senso” all’esistenza talvolta duramente compromessa”.