Si chiama STAR, o radioterapia stereotassica ablativa per le aritmie, il trattamento innovativo e non invasivo utilizzato all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. E’ una metodica promettente che coniuga cardiologia e radioterapia, questa normalmente impiegata nella cura di tumori, e richiede un’elevata esperienza nell’impiego di alte tecnologie, sia nel campo radioterapico che in quello cardiologico. Sono ancora pochi i centri al mondo ad effettuarla, e la struttura di Negrar registra, in Italia, la casistica più alta con tre pazienti finora curati. E’ l’unico ospedale ad effettuare un trattamento totalmente non invasivo, anche per quanto riguarda la parte diagnostica, grazie all’utilizzo di uno speciale elettrocardiogramma indossabile dal paziente come un corpetto.
Per la cura multidisciplinare delle gravi cardiopatie si apre quindi una nuova prospettiva che potrebbe interessare i 750 pazienti in Italia affetti da queste patologie, una piccola ma importante percentuale, in termini di costi umani e sanitari, delle 15mila persone portatrici di pacemaker.
La procedura si svolge in un’unica seduta della durata di pochi minuti, nel corso della quale le aree del cuore dove nascono le aritmie vengono colpite da un fascio di radiazioni ionizzanti con precisione millimetrica, creando una cicatrice omogenea tale da interrompere il “cortocircuito” cardiaco. Il trattamento non richiede ricovero e dopo brevissimo periodo di osservazione i pazienti possono tornare a casa. Le condizioni dei pazienti finora curati con questa metodica sono buone.
“STAR è un’estensione della radioterapia stereotassica, già nota come efficace e poco invasiva in oncologia, nel campo cardiologico” - ha spiegato Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata del “Don Calabria” - Impiegata correntemente per il trattamento dei tumori primitivi o metastatici, questo tipo di sistema consente l’erogazione di alte dosi direttamente sul tumore con estrema precisione e con un ridotto coinvolgimento dei tessuti sani circostanti. Lo stesso meccanismo avviene nelle aree del cuore che scatenano le aritmie le cui cellule, grazie alle radiazioni, subiscono un danneggiamento tale da portarle alla morte. Si viene così a formare una cicatrice omogenea che impedisce il formarsi del ritmo anomalo”.
Per identificare nel modo più accurato possibile il sito specifico da trattare e salvaguardare il resto del cuore, per la prima volta in Italia sono state utilizzati esami diagnostici totalmente non invasivi come la risonanza magnetica cardiaca, la PET, la Tc e un innovativo sistema indossabile dallo stesso paziente.
“Tecnicamente è un elettrocardiogramma – ha illustrato Giulio Molon, direttore della Cardiologia dell’ospedale veneto – ma si presenta come un corpetto totalmente coperto da elettrodi. Questo consente dopo esecuzione di Tc e dopo aver indotto la tachicardia ventricolare tramite defibrillatore, di aver un mappaggio tridimensionale completo del muscolo cardiaco all’interno del quale individuare perfettamente la sede da trattare”.
“E’ una tecnica ‘giovane’ – hanno precisato i due esperti - rimangono da definire i risultati come pure i rischi ed i possibili effetti indesiderati, sia a breve che a lungo termine. Serviranno dati più robusti e studi prospettici con numero di pazienti adeguato per poterne confermare la validità. Ma le premesse sono molto buone”.