Intervento record in endoscopia al Gemelli. Ad un uomo di 65 anni è stato asportato un tumore superficiale enorme, delle dimensioni di 21 cm x 17 cm, che interessava tutta la superficie del retto. Un’operazione eccezionale per le dimensioni del pezzo resecato, tra i più estesi (il più grande in assoluto tra quelli riportati in letteratura scientifica) mai asportati finora al mondo.

L’intervento è durato quasi 10 ore, e il paziente è stato dimesso, in buone condizioni, dopo 4 giorni. Verrà ora sottoposto a un ciclo di radioterapia adiuvante per completare il trattamento e ridurre al massimo il rischio di metastasi. L’alternativa a questa tecnica sarebbe stata un intervento chirurgico demolitivo con colostomia definitiva.

E’ stata praticata una Dissezione Endoscopica Sottomucosa (Endoscopic Submucosal Dissection, ESD), una tecnica di chirurgia endoscopica avanzata, messa a punto in Giappone una ventina d’anni fa. Da allora viene comunemente utilizzata in oriente per il trattamento dei tumori dello stomaco in fase iniziale, mentre è poco utilizzata in Occidente, per la scarsità di esperti e di possibilità di training. Il giovane chirurgo di 37 anni, Federico Barbaro, Dirigente medico presso l’UOC di Endoscopia Digestiva Chirurgica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ha fatto un periodo di formazione presso lo University Medical Center di Yokohama, da Kingo Hirasawa, un’autorità in materia.

“Rispetto alle altre tecniche di resezione endoscopica – ha spiegato il chirurgo - la ESD offre il vantaggio di consentire una resezione delle lesioni neoplastiche superficiali del tratto gastro-intestinale, di qualsiasi dimensione, in un unico grosso frammento, avvicinando in questo modo l’endoscopia alla chirurgia”. “Questo rende possibile un’accurata valutazione circa la presenza o meno di fattori di rischio di invasività – ha continuato - che permette di giudicare se l’intervento eseguito è stato radicale e quindi se è stato curativo o meno. Asportare questa lesione con una tecnica endoscopica tradizionale, cioè in tanti frammenti, non consentirebbe un’analisi istopatologica accurata; per questo il paziente sarebbe stato di norma avviato a un intervento di radicalizzazione chirurgica, consistente nell’asportazione del retto e a una colostomia definitiva, cioè al confezionamento di un ‘sacchetto’, con un enorme impatto sulla sua qualità di vita. Con la ESD siamo riusciti invece a preservare l’organo e la sua funzione”.

“I rischi di questo intervento nel breve termine – ha chiarito Barbaro - sono l’emorragia post-procedurale e la perforazione; nel lungo termine il paziente va monitorato per il rischio di una stenosi cicatriziale, che può essere comunque risolta con dilatazioni endoscopiche”.

Questo tipo di interventi innovativi stentano a decollare perché non è previsto un rimborso adeguato.

“Non esiste, a oggi, un corrispettivo economico adeguato per questi interventi innovativi, che risparmiano ai pazienti una chirurgia demolitiva – ha dichiarato Guido Costamagna, Direttore UOC Endoscopia Digestiva Chirurgica, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e  Ordinario di Chirurgia all’Università Cattolica, campus di Roma - Nonostante la spesa per il ricovero, la sala endoscopica, il personale, gli strumenti e gli accessori che si utilizzano in queste procedure, una ESD come quella descritta, viene a oggi remunerata come una banale polipectomia ambulatoriale. Attualmente dunque queste prestazioni possono essere garantite al paziente solo se la struttura ospedaliera se ne prende carico e impiega risorse proprie, poiché le Regioni e lo Stato non hanno ancora fissato rimborsi adeguati”.

 

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