Il Policlinico Gemelli è da 40 anni, tanti quanti ne compie la patologia, a fianco dei pazienti nella lotta all’Aids. Lo era agli inizi, quando la malattia faceva tanta paura per la mancanza di terapia, lo è ancor di più oggi, di fronte ad una concreta diminuzione di attenzione e assistenza da parte di molti centri. Eppure gli esperti invitano a non abbassare la guardia nei confronti di un’infezione ancora lungi dall’essere debellata, ed è quello che si intende riaffermare con la giornata mondiale dedicata all’Aids, in programma il 1 dicembre.
L’impegno del nosocomio romano, anche nel campo della ricerca, non è quindi diminuito negli anni, e ad evidenziarlo sono proprio i numeri.
“Da marzo 2020 ad aprile 2021 – ricorda Simona Di Giambenedetto, UOC Malattie infettive Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS - abbiamo diagnosticato 54 nuovi casi, un dato nettamente in controtendenza col resto dell’Italia (in tutto il 2020, le diagnosi di AIDS in Italia sono state appena 1.303), perché noi siamo restati sempre aperti come Policlinico e i pazienti potevano venire di persona, anche per fare lo screening”.
Purtroppo i sanitari sottolineano come sei diagnosi su 10 avvengano in ritardo, quando la situazione immunitaria è già gravemente compromessa e la malattia è in fase conclamata. Questo può pregiudicare l’efficacia delle terapie e dunque l’aspettativa di vita, senza dimenticare che i non diagnosticati - che secondo l’Istituto Superiore di Sanità sono almeno 13-15.000 - possono contribuire a trasmettere ad altri l’infezione.
“I pazienti – prosegue la Di Giambenedetto - devono sapere che un primo screening si può fare già a casa, comprando il test in farmacia. Se il test è positivo bisogna recarsi subito presso un centro specialistico. Per facilitare la diagnosi e la presa in carico di queste persone, da noi in ambulatorio hanno un accesso ‘open’ (cioè senza prenotazione). Il test è gratuito nelle strutture ospedaliere”.
Le terapie oggi sono completamente cambiate, divenendo sicuramente più gestibili e con meno effetti collaterali, anche se si tratta pur sempre di cure da non banalizzare perché riguardano una patologia ancora potenzialmente letale. Dal 1982 sono stati registrati in Italia 72 mila casi di AIDS e 45.000 decessi. In questo panorama l’OMS ha fissato un obiettivo: terminare l’epidemia di AIDS entro il 2030. Resta il fatto che di AIDS si parla poco, mentre appare necessario raggiungere tutte le fasce della popolazione, soprattutto i giovani che non conoscono l’HIV, né le altre malattie a trasmissione sessuale.
“40 anni di AIDS sembrano non aver insegnato nulla – lamentano gli esperti - È dunque urgente organizzare delle campagne educative con un focus sulle malattie a trasmissione sessuale, che non solo HIV/AIDS, ma sifilide, HCV, ecc. Campagne che parlino anche alle donne e ai ragazzi, magari usando come testimonial le star di Instagram e di Tik Tok”.