È venuta alla luce a oltre 36 settimane una bambina affetta da mielomeningocele lombosacrale operata nel grembo della madre in utero a 25 settimane di gestazione.

Il complesso intervento è stato effettuato con successo da un’equipe multidisciplinare composta da ginecologi ostetrici, neonatologi, anestesisti e neurochirurghi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. La bimba proseguirà le cure presso il Centro Spina bifida e Uropatie malformative del Gemelli, struttura di riferimento nazionale per questa patologia.

Il successivo decorso della gravidanza è stato privo di complicanze sia per la madre che per il nascituro e il taglio cesareo è stato eseguito a oltre 36 settimane di gestazione. Questo è il secondo caso di intervento in utero su un bimbo affetto da spina bifida al Policlinico Gemelli, il primo risale ad agosto 2020.

La diagnosi ecografica è stata eseguita al 5o mese di gravidanza e confermata mediante risonanza magnetica (RM) fetale: mielomeningocele lombosacrale di circa 2 cm con ventricolomegalia cerebrale e dislocamento verso il basso del cervelletto (S di A. Chiari). Il mielomeningocele è uno dei difetti più comuni del Sistema Nervoso Centrale, può causare gravi disabilità permanenti, quali difficoltà motorie, paraplegia, idrocefalo, dislocazione verso il basso di cervelletto e tronco encefalico, disfunzione della vescica e dell’intestino, deformità ossee, possibili ritardi cognitivi e disfunzioni sessuali. I deficit neurologici sono causati dal danno anatomico proprio del difetto e dall’esposizione prolungata delle strutture nervose al liquido amniotico, motivo per cui la riparazione prenatale in utero migliora la salute del prodotto del concepimento correggendo chirurgicamente l’anomalia e contrastando il progressivo peggioramento durante la vita intrauterina. “In genere questa grave forma di spina bifida viene operata nei primi giorni di vita – spiega il professor Marco De Santis, Associato di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica, responsabile della UOS Prevenzione, Diagnosi e Terapia dei Difetti Congeniti, afferente alla UOC di Ostetricia e Patologia ostetrica diretta dal professor Antonio Lanzone, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica, campus di Roma -, ma trattarlo in utero previene dei danni ulteriori che nel corso della vita prenatale si possono avere sulle strutture nervose, soprattutto sul cervelletto. Fare l’intervento in utero è sicuramente un modo per ridurre alcune di queste disabilità. Studi randomizzati – conclude il professor De Santis - hanno dimostrato che operare prima della nascita garantisce risultati migliori che intervenire successivamente”.

L’equipe multidisciplinare del Policlinico Gemelli si conferma come centro di riferimento nazionale per questo trattamento prenatale in open surgery.

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

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