Mentre i laboratori di tutto il mondo accelerano la corsa per mettere a punto un vaccino, un nuovo ostacolo sta rendendo più complicata la battaglia contro il virus Zika, collegato a gravi malformazioni nei neonati da madri infette: il Brasile, dove si registrano oltre 4mila casi di bambini nati con microcefalia, non starebbe infatti fornendo sufficienti campioni del virus ai ricercatori internazionali. L'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), però, butta acqua sul fuoco e precisa che sono disponibili ''tutte le informazioni necessarie e non c'è, dunque, alcun ostacolo per la ricerca''. Intanto, a rassicurare è pure il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: "In Italia c'è massima vigilanza ma non c'è motivo di preoccupazione. Sulla scia dell'esperienza di Ebola abbiamo messo a punto un sistema di sorveglianza molto forte. C'è la preoccupazione per le donne incinte, quindi consigliamo a chi sta programmando una gravidanza di evitare questi Paesi".Il problema del blocco alla ricerca è stato invece sollevato da alcuni ufficiali sanitari statunitensi e delle Nazioni Unite, che avvertono: la mancanza di dati sta costringendo i laboratori di Usa ed Europa a lavorare con campioni di precedenti epidemie e sta vanificando gli sforzi per sviluppare test, farmaci e vaccini. Il problema, spiegano, è rappresentato dalla legge brasiliana: al momento è infatti illegale per i ricercatori e gli istituti brasiliani condividere materiale genetico, inclusi campioni di sangue contenenti Zika ed altri virus. Pronta la replica dell'Oms: ''Abbiamo tutti i dati necessari - ha affermato all'ANSA il portavoce Christian Lindmeier - e non c'è nulla che blocchi la ricerca. Infatti, i paesi non sono tenuti e trasferire i campioni dei virus, bensì a condividere i risultati degli studi, ed è ciò che hanno fatto gli istituti brasiliani''.