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Come frenare la fuga dei cervelli dall’Italia?

Negli ultimi 5 anni 5.000 medici e 1.000 infermieri hanno scelto di lavorare all’estero


Ungheria, Finlandia, Danimarca, Olanda e Irlanda sono le nuove mete preferite dai medici italiani che scelgono di emigrare verso altri Paesi europei. Francia, Inghilterra, Spagna - anche loro alle prese con un sistema sanitario nazionale in crisi - hanno perso l’ appeal,  costrette come sono a stringere la cinghia. Eormai da anni in Italia non si vedono medici provenienti da altre nazioni europee.

Sono tante le considerazioniche andrebbero fatte. Tante, tantissime,sono ormai divenute una sorta di leit-motiv delle lamentele medicalmente insistite: scarsi guadagni di fronte ad un costante aumento del lavoro; minimo riconoscimento della professionalità; incentivazione del gettonismo. Una situazione che, stando ai dati di una ricerca dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), in 5 anni più di 5.000 medici e 1.000 infermieri italiani hanno fatto richiesta di trasferirsi all’estero. Negli ultimi anni la meta Emirati Arabi, Dubai, è diventata molto attrattiva, ma bisogna fare i conti con usi, costumi e clima che sono molto diversi dalle abitudini europee e il rischio è sulla capacità di fare un progetto a lungo temine".

Anche Australia e Usa rappresentano una meta molto gettonata. E’ pur vero però che  in questi due Paesi è necessario un percorso lungo e duro per ottenere i titoli per esercitare la professione.

Un caso a parte lo rappresenta l’Inghilterra. Ha bisogno di medici, come tanti altri Paesi europei, naturalmente Italia compresa; tuttavia la politica restrittiva nei confronti delle immigrazioni, rappresenta un serio ostacolo. Dopo la Brexit, il Regno Unito ha progressivamente reso più selettiva la politica migratoria. Da qualche tempo  il governo inglese ha avviato una consultazione per una profonda revisione del sistema di accesso alla residenza permanente, proponendo un percorso di 10 anni e norme più stringenti rispetto all'attuale procedura quinquennale. Nel settore sanitario il tema è particolarmente rilevante: medici, infermieri e tecnici stranieri rappresentano una quota fondamentale della forza lavoro nel servizio sanitario inglese.

Come  trattenere i giovani medici in Italia? Certo è molto difficile. Oltre a guadagni giudicati, scarsi a scoraggiare sono anche l'organizzazione complessa e lenta delle strutture sanitarie ed un sistema professionale ancora troppo gerarchico. Eppure l'Italia ha grandi margini di miglioramento, ma deve iniziare un serio e concreto processo di cambiamento.

Per esempio era stata fatta una  legge per il rientro dei 'cervelli' ed era una vera opportunità per attrarre ricercatori e professionisti formati e maturati all'estero. “Purtroppo le recenti modifiche regressive della legge, le nuove proposte di legge che mirano a peggiorare la legge Gelli sulla responsabilità professionale non contribuiscono a rendere l'Italia competitiva rispetto ad altri Paesi europei - ammonisce il presidente dell'AreMiem - Le criticità non riguardano solo gli stipendi: molti giovani ripartono perché scoraggiati da un sistema che non premia merito, impegno e dedizione, e che rende difficile lavorare in modo efficiente”.

Sarebbe necessario ora  "Semplificare - suggerisce l'esperto -, riformare i ruoli apicali: trasformare il primario e il direttore sanitario in primi inter pares, garantendo maggiore autonomia operativa ai medici, in particolare ai chirurghi, con spazi reali per esprimere le proprie competenze e crescere professionalmente. Rafforzare il ruolo dell'Ordine dei medici: prevedere un filtro preliminare prima dell'apertura di cause legali. E' inaccettabile che si intentino azioni giudiziarie con l'obiettivo di ottenere indennizzi dalle assicurazioni professionali. Differenziare le strategie di reclutamento sul territorio: in molti Paesi europei esistono incentivi economici e fiscali per chi sceglie di lavorare in zone periferiche o meno attrattive; 'Italia potrebbe adottare soluzioni analoghe".

Il presidente dell'Associazione dei medici italiani in Europa e nel mondo indica poi una strada: "Abolire il concorso pubblico per l'assunzione dei medici". Nei Paesi europei più attrattivi "non si fanno concorsi per entrare in ospedale, è sempre la direziona sanitaria insieme al primario che si prendono la responsabilità di valutare un profilo professionale e di assumerlo a seconda delle esigenze dell'ospedale. Lo spettro delle raccomandazioni si combatte responsabilizzando le figure preposte alla selezione del personale sanitario. A mio avviso - conclude Mafrici - in un mondo come il nostro competitivo e veloce, è inammissibile che un team di lavoro e un servizio sanitario si costruisca affidandosi al fato e al risultato casuale dei concorsi pubblici".

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