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“Salvate il medico di famiglia”: lo chiede circa il 90% degli italiani

Il grido velato nei dati del III Rapporto Fnomceo-Censis

L’ultimo baluardo al quale circa il 90% degli italiani non rinuncerebbe mai: il medico di famiglia. E’ un’indicazione chiara quella sortita dal III Rapporto Fnomceo-Censis “Centralità del medico e qualità del rapporto con i pazienti per una buona sanità. Alle origini della criticità della condizione dei medici nel Servizio sanitario”. I risultati, nella formulazione integrale, saranno presentati a fine mese in Senato. E’ bastata però la sintesi diffusa in questi giorni – che sarà comunque presentata domani, mercoledì 12 marzo, a Foggia, in occasione delle celebrazioni della Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri per la “Giornata contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari” - per avere già la conferma di quella che, ormai nota da tempo, è la posizione degli italiani nei confronti del Sistema salute nel suo complesso.

Non ci si meraviglia dunque se dai dati del Rapporto risulta oggi che oltre il 72% dei cittadini ha verificato un peggioramento del Servizio sanitario nazionale nel tempo.

A preoccupare è la percezione dei cittadini: i dati mostrano il gap tra aspettative ed esperienze concrete, il cui esito inevitabile è un’incrinatura nel rapporto medico-paziente. In concreto, tale rapporto è sempre più schiacciato dai tempi ristretti che gli operatori sanitari possono dedicare all’interazione con pazienti, familiari o caregiver. Origine importante è naturalmente con tutte le conclamate differenze tra Norde Sud.

Un rapporto incrinato anche dalle esperienze negative vissute dai cittadini nei luoghi essenziali della sanità. Al 52,2% dei cittadini è capitato di avere, per sé o per un parente, una brutta esperienza in un Pronto Soccorso. E in questo caso c’è un noto “perché”: basti pensare che gli accessi al Pronto Soccorso è aumentato da 34.463 del 2003 a 41.941 del 2013 a 42.386 del 2023. In venti anni quindi si registra un incremento del carico medio teorico per punto di Pronto Soccorso di 7.923 unità annue pari a +23%. Per di più il loro numero nelle strutture del Servizio sanitario era pari a 659 nel 2003, a 490 nel 2013 e a 433 nel 2023 (elaborazione Censis su dati del Ministero della Salute). In venti anni si è avuta una contrazione di 226 punti di Pronto Soccorso nelle strutture pubbliche e del privato accreditato.

L’affollamento dei PS in crescita costante è figlio, inutile nasconderlo, delle infinite liste di attesa, dello stalloin cui giace la macchina dell’assistenza territoriale, della carenza di medici di medicina generale, di frontealla crescente necessità di assistenza di una popolazione che invecchia rapidamente. Ed ora si aggiunge la contestata riforma che riguarderebbe i medici di famiglia.

Una riforma che tra l’altro dovrebbe servire da tampone al calo del numero dei medici di medicina generale. Gli attuali 37.983 medici di medicina generale (Mmg) sono in numero inferiore di oltre 9 mila unità rispetto a 20 anni fa e di oltre 7 mila rispetto a 10 anni fa. Un restringimento tra l’altro di lunga deriva, dunque largamente preventivabile, sinora affrontato con l’impegno crescente e dalla buona volontà dei Medici di medicina generale in attività. Impegno che è apprezzato e premiato dai cittadini. Tanto che in un contesto di crisi conclamata del Servizio sanitario e in un momento di incrinatura nel rapporto medico-paziente, i cittadini si schierano indifesa del proprio medico di medicina generale. Per l’88,9% dei cittadini è un riferimento importante perché lo aiuta a trovare soluzioni adatte alle sue esigenze (ad esempio percorsi diagnostici, terapeutici, di cura ecc.).

Inoltre, per il 76% è essenziale avere il Mmg vicino casa.

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