È battaglia sulla decisione del Pirellone di sforbiciare le cure ai pazienti non lombardi, e in arrivo dal resto d'Italia, che vengono fatte ogni anno dagli ospedali privati convenzionati con il sistema sanitario pubblico, mettendo un tetto a un centinaio di prestazioni. Un capitolo importante, se si considera che il settore in tutto vale 687 milioni, e per oltre il 66 per cento è appaltato a cliniche e case di cura. Che ricoverano, in media, ogni dodici mesi oltre 91mila pazienti (su 147mila) in arrivo sia da regioni vicine come Piemonte ed Emilia, sia dal sud come Sicilia, Calabria e Puglia. Una vera e propria migrazione, insomma: del resto, la Lombardia è la regione che ha il tasso di attrattività più alta a livello nazionale. Ebbene, a questo flusso di persone - in arrivo sia per operazioni complesse, come interventi alla colonna vertebrale o al cuore, sia per cure comuni come il laser per le vene varicose - Palazzo Lombardia ha deciso di mettere un freno. Nei giorni scorsi la giunta Maroni ha approvato una delibera che mette per i ricoveri nelle cliniche un limite per i pazienti non lombardi. Ovvero, quei malati che spesso arrivano a Milano, Pavia o Brescia per essere operati da primari e luminari che, prima, li hanno visitati negli studi privati che hanno aperto in altre regioni.
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Limite per ricoveri di malati che vengono da altre regioni
- Ufficio Comunicazione