Parte la riforma del mercato del lavoro: due dei decreti attuativi della legge delega n.183 del 10 dicembre 2014 ("Jobs Act") sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
Dal 7 marzo 2015, le nuove norme in materia di
ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di contratto di lavoro a tempo indeterminato, oggetto dei decreti legislativi n. 22 e 23 del 4 marzo 2015, sono vigenti.
La novità di maggiore impatto riguarda indiscutibilmente la disciplina del licenziamento, che comporterà una maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori assunti a tempo indeterminato successivamente al 7 marzo u.s. e per quelli dipendenti di aziende o di unità produttive che, successivamente alla medesima data, integrino i requisiti dimensionali previsti per l'applicazione della tutela reale.
Inoltre, in sede di approvazione del testo definitivo del d.lgs. 23/2015, la nuova disciplina è stata altresì estesa anche ai casi di conversione, successiva al 7 marzo 2015, dei contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratti a tempo indeterminato.
Diversamente - al di fuori delle suddette ipotesi - tutti i rapporti di lavoro instaurati a tempo indeterminato anteriormente all'entrata in vigore del decreto in esame continueranno ad essere regolati dalla precedente disciplina.
Ciò posto, il nuovo assetto normativo risulta poggiare su due pilastri fondamentali: da un lato, una più stringente limitazione delle ipotesi di reintegra sul posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo e, dall'altro, un meccanismo in base al quale la tutela indennitaria garantita al lavoratore in siffatta ipotesi viene stabilita, nel suo concreto ammontare, in misura proporzionale all'anzianità lavorativa, consentendo, così, alle imprese di quantificare in modo certo i relativi costi, in quanto commisurati agli anni di servizio prestati dal dipendente.
Specificamente, resta fermo il diritto alla reintegra piena, indipendentemente dai requisisti dimensionali dell'azienda, nei casi di licenziamento:

  • discriminatorio
  • nullo (in quanto intimato in concomitanza con il matrimonio; in violazione dei divieti posti a tutela della maternità e della paternità; etc.)
  • intimato in forma orale.

In siffatte ipotesi al lavoratore è riconosciuto, oltre al diritto a rientrare nel posto di lavoro precedentemente occupato, anche il diritto alla corresponsione di un'indennità risarcitoria che, ad ogni modo, non potrà essere inferiore a 5 mensilità.
Resta, inoltre, confermata la facoltà del lavoratore di optare per un'indennità sostitutiva della reintegra pari a 15 mensilità, la cui richiesta deve essere formulata al datore di lavoro entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito a rientrare in servizio.
Occorre evidenziare che, diversamente da quanto previsto in prima battuta, la tutela reintegratoria appena descritta verrà applicata anche ai casi in cui venga accertato il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore.
Al di fuori delle suddette ipotesi, la reintegra potrà essere disposta unicamente nel caso in cui, a seguito di
licenziamento disciplinare, venga dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del provvedimento espulsivo.
In tale ultimo caso, l'indennità risarcitoria cui il lavoratore avrà diritto non potrà essere superiore a 12 mensilità.
Al contrario, negli altri casi in cui venga accertata l'illegittimità del licenziamento disciplinare per assenza di un
giustificato motivo soggettivo o di una giusta causa (e, non già per insussistenza del fatto materiale alla base del provvedimento espulsivo), il licenziamento, seppure illegittimo, non comporterà il diritto alla reintegra, bensì la sola condanna del datore di lavoro al pagamento di un'indennità - non soggetta a contribuzione previdenziale - di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ciascun anno di servizio prestato dal dipendente, ma, comunque, non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
Tale ultima sanzione indennitaria, inoltre, risulta essere l'unica applicabile in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo; in tale ipotesi, infatti, salvo il caso di licenziamenti nulli, non è più contemplata la reintegra.
Nell'ipotesi in cui l'intimazione del licenziamento risulti, invece, affetta da
vizi formali o procedurali, per violazione del requisito di motivazione o per violazione della procedura stabilita dall'art. 7 della l. 300/70, il rapporto sarà, parimenti, dichiarato estinto, ed il datore di lavoro verrà condannato unicamente a corrispondere al lavoratore un'indennità di importo pari ad una mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità.
Pertanto, risultano eliminate due delle ipotesi di reintegra precedentemente previste dalla Riforma Fornero, e cioé quelle contemplate nei casi di:
o manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonché negli altri casi in cui venga accertato che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo;
o licenziamento disciplinare nel quale il contratto collettivo di riferimento preveda la condotta contestata tra quelle punibili con una sanzione di natura conservativa.
Infine, dal punto di vista processuale, i rapporti di lavoro regolati dalla disciplina in esame, sono espressamente sottratti all'ambito di applicazione del Rito Fornero.
Sul fronte, invece, delle misure a sostegno della disoccupazione, il d.lgs. n. 22/2015 delinea un nuovo sistema di ammortizzatori sociali, il quale prevede,
a decorrere dal 1° maggio p.v., l'erogazione di un'indennità mensile denominata "Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego" (c.d. NASpI), finalizzata a sostenere quei lavoratori dipendenti (ad esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni) in stato di disoccupazione involontaria (ricomprendendo in tale condizione anche coloro che abbiano rassegnato le proprie dimissioni per giusta causa).
Tale nuova prestazione di assicurazione sociale verrà corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione relative agli ultimi 4 anni (e, a decorrere dal 1° gennaio 2017, per un massimo di 78 settimane) a favore di coloro che possano far valere almeno:
o 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio dello stato di disoccupazione;
o 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti.
Il relativo importo, che non potrà in ogni caso essere superiore a 1.300,00 euro, ammonterà al 75% della retribuzione mensile (calcolata come media degli ultimi quattro anni), qualora questa fosse pari o inferiore a 1.195,00 euro.
Nel caso in cui, invece, la retribuzione sia superiore a tale importo, la NASpI sarà uguale al 75% di 1.195,00 euro, incrementata di una cifra pari al 25% della differenza tra la retribuzione mensile ed il suddetto importo. E così, ipotizzando una retribuzione mensile media pari a 2.000 euro, la NASpI sarà così calcolata: 75%x1.195+25%x(2.000-1.195) = 1.097,00 euro.
La somma in tal modo determinata sarà erogata interamente per i primi 3 mesi, riducendosi poi del 3% a partire dal quarto mese di erogazione.
In caso di perdita dello stato di disoccupazione il lavoratore decadrà dal beneficio in oggetto, salvo nell'ipotesi in cui il reddito annuale percepito sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione.
La riforma del sistema degli ammortizzatori sociali conferma, inoltre, il riconoscimento di un'indennità di disoccupazione mensile anche a favore dei collaboratori coordinati e continuativi, iscritti esclusivamente alla Gestione Separata e privi di partita IVA, che versino in stato di disoccupazione involontaria.
Tale indennità, denominata DIS-COLL, e spettante a decorrere dall'ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, sarà corrisposta per un numero di mensilità pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo compreso tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente l'evento della cessazione del rapporto lavorativo ed il predetto evento, e potrà avere durata massima non superiore a sei mesi, riducendosi, anch'essa, del 3%, ma a decorrere dal quarto mese di erogazione.
Si segnala infine che, parimenti a decorrere dal 1° maggio p.v., coloro che abbiano fruito, per l'intera sua durata, della Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego e continuino ad essere privi di occupazione, ed in stato di bisogno, potranno beneficiare di un Assegno di disoccupazione (c.d. "ASDI") per la durata massima di sei mesi, il cui ammontare verrà determinato in base ai medesimi criteri previsti per le sopra citate misure.

Documentazione

Questionario sulla prevenzione del rischio clinico nelle strutture associate all'Aris.

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