“L’Intelligenza Artificiale è una delle più grandi sfide tecnologiche e soprattutto antropologiche del nostro tempo, una sfida che ci interpella non solo come scienziati, politici o imprenditori, ma prima di tutto come esseri umani, custodi di una dignità intrinseca che nessuna macchina potrà mai replicare o sostituire. La mia preghiera è che il rapido sviluppo di forme di IA non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana".
Più che una lectio magistralis sull’”Etica dell’intelligenza artificiale”, l’intervento del cardinale Segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin è stato un vero a proprio allarme lanciato nella sede dell’Istituto Superiore della Sanità, presente il ministro della Sanità Orazio Schillaci, rappresentanti delle istituzioni, studiosi, ricercatori.
"Se durante la prima rivoluzione industriale il rischio era ridurre l'uomo a forza muscolare – il ragionamento del porporato -, oggi il rischio è ridurlo a un insieme di dati da processare, a un profilo da analizzare, a un caso statistico da cui trarre conclusioni probabilistiche. La tentazione è quella di trattare le persone come cose per guadagno”. E come esempio profetico, Parolin ha significativamente citato la storica enciclica Rerum Novarum del 1891 di Leone XIII nella quale si "ammoniva una società inebriata dal progresso industriale, a non dimenticare la dignità inalienabile del lavoratore". E che "è vergognoso e disumano abusare degli uomini come delle cose per guadagno". Parole di ieri di Leone XIII validissime ancora oggi che – ha sottolineato Parolin - "ci interpellano profondamente”, specificando però che la "centralità del bene comune non e' una novità nella Chiesa".
Il Segretario di Stato vaticano ha ulteriormente rimarcato che “il tema dell'Intelligenza Artificiale sta definendo il nostro presente" e "plasmerà in maniera indelebile il nostro futuro”. “Ci interpella – ha proseguito - prima di tutto come esseri umani, custodi di una dignità intrinseca che nessuna macchina può replicare o sostituire". E che "in nessun altro campo, come in quello della ricerca medica e cura della persona, la promessa dell'intelligenza artificiale si manifesta con tanta forza", in conseguenza della quale "i rischi etici richiedono una vigilanza altrettanta acuta".
"La Chiesa guarda da sempre al progresso scientifico e tecnologico con occhio duplice. Lo guarda con ammirazione per l'ingegno umano quale scintilla di creatività che riflette l'immagine del Creatore", ha aggiunto Parolin ricordando le parole di Benedetto XVI nell'enciclica Caritas in veritate, là dove il teologo Joseph Ratzinger ricordava, tra l’altro, che "la tecnica è un fatto profondamente umano, legato all'autonomia e alla libertà dell'uomo". Ma dall'altro lato, ha specificato Parolin che "la Chiesa guarda al progresso con la prudenza che nasce dalla consapevolezza della fragilità umana. Perché' la tecnica non è mai neutrale. Come ogni strumento potente può essere usato per elevare o per degradare, per includere o per scartare, per servire la vita o per programmare la morte". Aspetti sui quali - ha ricordato Parolin – anche papa Francesco "con la sua consueta lucidità profetica ci ha messo in guardia più volte…". Quanto ai pericoli reali, il cardinale ha sostenuto, ancora, che "l'uso dei nostri utensili non sempre è rivolto al bene. Non di rado, l’umanità si è trasformata in nemica di se stessa e del pianeta, e stessa sorte possono avere gli strumenti tecnologici" legati all’IA. "Solo se sarà garantita la sua vocazione al servizio dell'umano, gli strumenti tecnologici riveleranno la grandezza e la dignità unica dell'essere umano. E non solo".
Parlare quindi di tecnologia per Parolin "è parlare di cosa significhi essere umani e quindi parlare di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità, cioè significa parlare di etica". Da qui l’avvertimento: “La grande questione non e' se l'IA sia uno strumento potente, ma come la utilizziamo”. Per concludere con un appassionato appello affinché l'IA serva a "porre fine alle guerre e conflitti, ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana", e che si raggiunga l'obiettivo di una "algoretica", ovvero una "riflessione più ampia e profonda sul senso e sui limiti di questi nuovi sistemi".