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Ma invecchiare è una colpa?

“Una tempesta perfetta” o peggio ancora “una bomba ad orologeria”. E’ catastrofica l’immagine che della longevità umana danno ripetuti report nazionali e internazionali. Sostanzialmente i dati che raccolgono indagini e rilievi sulla condizione umana, portano quasi a dover avere paura di quella che sino a ieri sembrava una vera e propria conquista della nostra epoca, l’allungamento della vita dell’uomo. Eravamo orgogliosi delle continue conquiste della scienza medica, degli sviluppi inaspettati della ricerca, dei successi nella lotta contro malattie letali, dei progressi della farmaceutica, del perfezionamento della robotica ad uso clinico-ospedaliero. E oggi festanti per l’entrata in scena dell’Intelligenza Artificiale capace sicuramente di dare una marcia in più al complesso sistema diagnosi-prognosi-terapia-intervento chirurgico, tutto teso alla salvaguardia della vita dell’uomo.

Invece ci portano ora a pensare che invecchiare è un danno, dunque una colpa. Perché?

Tenta di spiegarcelo l’OCSE che grida addirittura all’allarme-bomba con il suo rapporto "Ageing populations, their fiscal implications and policy responses"; in parole semplici, la popolazione che invecchia diventa insostenibile per le finanze pubbliche.

La popolazione globale sta invecchiando a ritmi sostenuti, trainata dall'aumento dell'aspettativa di vita e dal calo dei tassi di fertilità. Questo il punto di partenza del rapporto Ocse che analizza le ricadute di questo fenomeno epocale sulle casse degli Stati. Evidentemente tra pensioni, sanità e assistenza agli anziani non autosufficienti, la spesa pubblica è destinata a lievitare.

E’ evidentemente un problema a livello mondiale. Tuttavia il nostro Paese, con uno dei tassi di dipendenza degli anziani più alti al mondo e un debito pubblico già elevato, si colloca tra quelli che stanno affrontando le transizioni demografiche più rapide e significative. Proprio in questi giorni l’ISTAT ha sottolineato, tra l’altro, come il tasso di natalità nei primi sei mesi di quest’anno, con i soli 500mila neonati, è ulteriormente sceso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Dunque la nostra percentuale di dipendenza dagli anziani (over 65 su popolazione in età lavorativa) è tra i più elevati dell'area OECD e si prevede che salirà dal 33% del 2022 a un preoccupante 79% entro il 2060. Parallelamente, la popolazione in età lavorativa (20-64 anni) è destinata a contrarsi, riducendo il bacino di contribuenti e il potenziale di crescita economica.

Naturalmente l'invecchiamento esercita una pressione diretta sulla spesa pubblica cruciale. Per esempio, la spesa pensionistica pubblica in Italia, già tra le più alte in percentuale del PIL, è destinata a crescere ulteriormente in assenza di interventi correttivi. Stesso discorso per la spesa sanitaria pubblica, inevitabilmente influenzata dalla demografia: una popolazione più anziana richiede più prestazioni sanitarie. Questa è la voce di spesa che cresce più rapidamente. Con l'aumento della popolazione over 80, la domanda di assistenza a lungo termine esploderà. E’ dunque evidente che, senza politiche per un "invecchiamento in salute", la spesa sanitaria pubblica continuerà a salire.

Come affrontare questa situazione, che il rapporto OCSE chiama “la tempesta perfetta”? Sarebbe mostruoso il solo pensare – e purtroppo è una tentazione già manifestatasi in certi periodi - di evitare terapie o interventi salvavita “troppo costosi”. Basterebbe una politica economica in generale più oculata, libera della catene della corruzione, orientata verso necessità primarie per il benessere vero della popolazione, rinunciando a inutili sprechi in interventi-manifesto; meno ingordigia in chi occupa posti di comando, compensati con emolumenti dorati (come ha fatto notare recentemente il Presidente Mattarella); meno nonchalance nel decidere in Consigli regionali, provinciali o comunali spropositati aumenti per gli stessi consiglieri; più spirito di condivisione fra chi collabora a produrre frutti.

Dal canto suo, l'Ocse delinea una strategia articolata per "adattarsi" all'invecchiamento, dato che il margine per "mitigarlo" - auspicando una maggiore fertilità o l’aiuto dei migranti - è limitato. Nel rapporto ci sono alcuni suggerimenti anche per l’Italia:

- Investire in prevenzione e stili di vita sani a tutte le età per ridurre la pressione sui sistemi sanitari. Politiche efficaci potrebbero ridurre la spesa sanitaria pubblica dello 0,4% del PIL entro il 2040.

- Aumentare l'età effettiva di pensionamento, allineandola all'aumento dell'aspettativa di vita, e ridurre i percorsi di pensionamento anticipato. Secondo le proiezioni OECD, riforme in questa direzione potrebbero ridurre la pressione fiscale media di circa il 2% del PIL nel 2060, con risparmi anche maggiori per paesi come l'Italia.

- Contrastare la spesa inefficace (stimata in circa un quinto del totale), potenziare l'assistenza territoriale e l'integrazione tra sanità e sociale, e investire in tecnologie e nella formazione del personale, anche nel settore LTC dove le carenze di operatori sono acute.

- Rimuovere le barriere all'occupazione degli over 55, come il pensionamento obbligatorio, e promuovere la formazione continua per adattare le competenze alla domanda del mercato del lavoro.

- Per far fronte all'aumento della spesa, i governi potrebbero dover considerare un ampliamento delle basi imponibili, ad esempio razionalizzando le agevolazioni IVA o valutando tasse su proprietà immobiliari e successioni, che hanno un minore impatto negativo sulla crescita.

Una cosa è certa: l'invecchiamento non è una prospettiva futura, ma una realtà che sta già plasmando le nostre economie e le nostre società. Ma l’inerzia non è un'opzione.

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