“Lo Stato ha rinunciato a garantire l'uguaglianza dei diritti". E se a dichiararlo è un Ministro del Governo in carica, e, guarda caso, è il titolare del Ministero della Salute, c’è da credergli. E poi da piangere.
"Quando un napoletano sale su un treno per farsi operare a Brescia o a Padova - rincara la dose il Ministro - non è mobilità sanitaria. È la sconfitta di un'intera nazione”.
Sono parole pesanti che meritano una spiegazione. Facciamo ordine: il tema è la mobilità sanitaria da una regione all’altra, in verità solo dal sud d’Italia verso il nord. L’occasione è uno sfogo di Orazio Schillaci. Il Ministro lo ha affidato ad una lettera inviata ad un quotidiano nazionale. Il motivo sono le pesanti accuse che gli sono piovute addosso in seguito al grido d’allarme lanciato nei giorni scorsi dal presidente dell'Emilia-Romagna, Michele De Pascale, sull'insostenibilità dei flussi di pazienti che si spostano da Sud per farsi curare. Un allarme condiviso e ribadito dal governatore lombardo, Attilio Fontana, e avvertito in ugual misura in Veneto.
Il problema è vecchio, e la situazione che crea, ha creato e continua a creare, è nota a tutti. Ma sino ad oggi tutti, ma veramente tutti, hanno fatto orecchie da mercante, se non continuare a riempirsi la bocca nel descrivere un’Italia vergognosamente divisa in due. Ma nessuno si è preoccupato, sino ad oggi, qualunque fosse il colore del Governo in carica, di porre fine a questa vergogna. Se un dubbio lo si può sollevare oggi è che la indecifrabile scelta di avviarsi sulla strada dell’autonomia differenziata, ha dato il ferale colpo d’ascia per staccare definitivamente le due o forse tre parti dell’unico corpo nazionale che costituisce l’Italia.
Ma, come dice un vecchio adagio popolare, “tutti i nodi vengono al pettine”. E quelli che vengo oggi al pettine del già agonizzante SSN, sono drammatici.
I numeri, elaborati dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), non lasciano scampo: fotografano un'Italia divisa in due parti, le quali procedono inequivocabilmente a due velocità diverse. E quello che è inammissibile è che a farne le spese sono i più fragili, i meno abbienti, quelli che non si possono permettere l’accesso alle cure, tanto meno in casa propria.
Ed ecco i nodi che vengono al pettine: c’è un fiume in piena di pazienti che si muove dal sud al nord e sta mettendo in crisi i sistemi sanitari di quella parte d’Italia. Il fenomeno diviene sempre più insostenibile proprio per le regioni d’elezione: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Evidentemente sino a quando l’immancabile guadagno che accompagna i flussi di pazienti non ha cominciato a portare con sé anche l’intasamento delle strutture, con risvolti addirittura negativi per la gente del posto, nessuno, se non i pazienti, si è lamentato o ha capito quanto fosse necessario fare qualcosa per invertire la rotta. Ora, però, che la cosa è diventata insostenibile si alzano gli scudi e iniziano proteste e minacce. E ne è scaturito un durissimo confronto tra Governo e Regioni.
Il punto cruciale, denunciato dalle regioni interessate, è in una distinzione sottolineata dal governatore emiliano, tra “l'eccellenza delle prestazioni ad alta complessità” che offrono queste regioni e che giustamente attirano pazienti da tutta Italia, da un lato, e dall’altro, l'aumento insostenibile della "domanda di prestazioni di bassa complessità". Che poi giustifica affermando che "non è solo una questione economica”. Tanto per capire ricorriamo ai dati AGENAS: nel 2023 si sono registrati 670mila ricoveri interregionali, con un flusso economico di quasi 2,9 miliardi di euro in rimborsi tra le regioni. Quasi un mercato della salute in cui l'Emilia-Romagna, per la prima volta, ha superato la Lombardia per attrattività, seguita da un Veneto anch'esso “sotto forte pressione”.
Orazio Schillaci, in tutta la sua riconosciuta onestà intellettuale, pur assumendosi le responsabilità di governa oggi la macchina e pronto ad agire, ribalta però le accuse e puntando il dito contro le Regioni e chiama in causa “una gestione inefficace delle risorse”. Schillaci non sminuisce il problema, anzi, lo definisce una "sconfitta per la nazione".
Però al contempo contesta la narrazione che addita solo la mancanza di fondi. "È più facile dire che mancano sempre e solo i soldi. Certo – sostiene - che servono più risorse. Ma se poi vengono spese male, se vengono lasciate nei cassetti o dirottate a coprire buchi di bilancio – e i dati della Corte dei conti sui fondi inutilizzati dalle regioni sono lì a dimostrarlo – a che serve?".
Un cosa è certa per il Ministro:” "Un cittadino non può pagare con la salute il fatto di essere nato in Puglia piuttosto che in Veneto".