Il Report ’23 per la Giornata Internazionale del personale sanitario
Siamo al paradosso. La forza lavoro infermieristica globale continua ad aumentare: è cresciuta da 27,9 milioni nel 2018 a 29,8 milioni nel 2023. Ma le disuguaglianze nella disponibilità di infermieri tra Paesi e regioni nasconde una carenza di 5,8 milioni di infermieri, lasciando gran parte della popolazione mondiale senza accesso ai servizi sanitari essenziali e rischiando di compromettere gli obiettivi di copertura sanitaria universale (UHC) e gli impegni per la sicurezza e lo sviluppo sanitario globale. Un problema che riguarda anche l'Italia dove operano 400.000 infermieri, ma ne mancano circa 65.000. Tutto questo succede perché circa il 78% degli infermieri del mondo si trova in Paesi che rappresentano solo il 49% della popolazione mondiale e i Paesi ad alto reddito (HIC), che rappresentano solo il 17% della popolazione, ospitano il 46% della popolazione infermieristica dell’intero pianeta.
È questa a preoccupante istantanea scattata dal Rapporto State of the World’s Nursing 2025, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme al Consiglio Internazionale degli Infermieri (ICN) e altri partner, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere del 12 Maggio. L’edizione 2025 dello Stato dell’assistenza infermieristica nel mondo raccoglie le informazioni provenienti dai 194 Stati membri dell’Oms e offre un’analisi completa e aggiornata della forza lavoro infermieristica a livello globale, regionale e nazionale. Presenta, inoltre, nuovi indicatori su aree critiche per l’assistenza infermieristica, come la capacità di formazione, l’assistenza infermieristica avanzata e la retribuzione. Oltre alle 12 priorità politiche delle Direzioni strategiche globali per l'assistenza infermieristica e l’ostetricia 2021-2025, sono presenti altre cinque priorità politiche e una raccolta di dati per ciascuna regione dell’Oms.
Crescono dunque gli infermieri, ma restano forti squilibri. Mancano all’appello quasi 6 milioni di infermieri. La densità globale di personale infermieristico, pari a 37,1 infermieri ogni 10mila abitanti, presenta una distribuzione disomogenea tra le regioni dell’Oms e in base alla classificazione per livello di reddito. Nella Regione Europea dell’Oms, la densità di infermieri è cinque volte superiore rispetto a quella osservata nelle regioni africana e del Mediterraneo orientale. Inoltre, si registra una differenza di oltre dieci volte tra i Paesi ad alto reddito (High-Income Countries, HIC) e quelli a basso reddito (Low-Income Countries, LIC). Tali dati, evidenzia l’Oms, suggeriscono che una porzione consistente della popolazione mondiale dispone di un accesso significativamente limitato ai servizi infermieristici, con potenziali ripercussioni sull’assistenza materno-infantile, sulla gestione delle patologie croniche e sulla capacità di risposta alle minacce e alle emergenze di sanità pubblica.
“Questo rapporto contiene notizie incoraggianti, per le quali ci congratuliamo con i paesi che stanno compiendo progressi - ha dichiarato il Direttore Generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus - tuttavia, non possiamo ignorare le disuguaglianze che caratterizzano il panorama infermieristico globale. In occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere, esorto i Paesi e i partner a utilizzare questo rapporto come indicatore, mostrandoci da dove veniamo, dove siamo ora e dove dobbiamo andare, il più rapidamente possibile”.
“Per il raggiungimento degli obiettivi di salute globale, la forza lavoro dovrebbe essere al centro dell'attenzione – ha aggiunto Pam Cipriano, Presidente dell'International Council of Nurses – il rapporto evidenzia chiaramente le disuguaglianze che frenano la professione infermieristica e ostacolano il raggiungimento della copertura sanitaria universale”.
Globalmente, il 33% degli infermieri ha meno di 35 anni, ma il 19% andrà in pensione entro i prossimi dieci anni. In 20 Paesi – perlopiù ad alto reddito – il numero di pensionamenti previsti supera già il numero di nuovi ingressi, sollevando timori per la futura capacità dei sistemi di garantire continuità assistenziale a causa delle carenze di personale e tutoraggio ai giovani professionisti. Circa due terzi (62%) dei paesi hanno segnalato l’esistenza di ruoli infermieristici di pratica avanzata, segnando un progresso significativo dal 2020 (quando solo il 53% segnalava ruoli infermieristici di pratica avanzata). È stato dimostrato che queste tipologie di infermieri ampliano l’accesso e la qualità delle cure in molti contesti diversi. Il rapporto evidenzia anche miglioramenti nella leadership infermieristica: l’82% dei paesi ha dichiarato di avere un dirigente senior.
Il ruolo delle donne e la spinta verso l’equità. La professione infermieristica continua ad avere un forte profilo di genere: le donne costituiscono l’85% del personale a livello globale. Questo dato sottolinea l’importanza delle politiche di equità e valorizzazione professionale, non solo in termini salariali ma anche di accesso alla leadership, alla formazione avanzata e alla tutela nei contesti lavorativi fragili o conflittuali.
Infermieri con ruoli avanzati: cresce la regolamentazione. Rispetto al 2020, aumentano i Paesi che hanno introdotto ruoli infermieristici avanzati (62% contro il 53% del precedente rapporto). Questi ruoli si sono dimostrati fondamentali per ampliare l’accesso ai servizi sanitari e migliorarne la qualità, soprattutto in aree marginali o in carenza di medici. Sul fronte della leadership infermieristica, l’82% dei Paesi dichiara di avere un funzionario governativo dedicato alla gestione della forza lavoro. Tuttavia, solo due terzi dei Paesi offrono opportunità strutturate per lo sviluppo della leadership, con un grave ritardo nei Paesi a basso reddito (25%).
Entrando nel dettaglio, nel 2023, l‘80% del personale infermieristico è stato identificato come “infermiere professionale”, che fornisce una moltitudine di servizi sanitari con un notevole livello di autonomia. Circa il 17% del personale infermieristico è stato classificato come “infermiere professionale associato”, con minore autonomia sul posto di lavoro; non è stato possibile classificare il restante 3%. Circa il 70% degli infermieri lavorava in strutture del settore pubblico, rispetto a strutture private senza scopo di lucro o private a scopo di lucro. “Sebbene la professionalizzazione possa migliorare la qualità dell’assistenza, dovrebbe essere accompagnata da ruoli e ambiti di pratica differenziati e da una corrispondente retribuzione nei contesti lavorativi, per non alimentare la migrazione degli infermieri verso Paesi che offrono migliori opportunità professionali”.
Il benessere psicosociale ancora trascurato. Il rapporto segnala una carenza grave di politiche per la salute mentale e il benessere del personale infermieristico: appena il 42% dei Paesi ha previsto misure di supporto psicologico, nonostante le difficoltà vissute durante e dopo la pandemia. Il tema è cruciale per trattenere professionisti esperti e garantire qualità dell’assistenza.
Per il futuro, il documento propone un’agenda operativa per il 2026-2030 articolata in sette priorità chiave: espandere e distribuire equamente i posti di lavoro infermieristici, con attenzione alle regioni più svantaggiate; rafforzare i sistemi educativi nazionali, allineando le qualifiche ai ruoli previsti; migliorare le condizioni di lavoro, promuovere l’equità salariale e garantire supporto psicologico; sviluppare la regolamentazione infermieristica e i ruoli avanzati; promuovere l’equità di genere e la protezione degli infermieri nei contesti fragili o colpiti da conflitti; sfruttare le tecnologie digitali e preparare gli infermieri a fornire cure adatte alle emergenze climatiche; potenziare la leadership infermieristica e garantire pari accesso a opportunità di crescita.