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Decreto Legge e Disegno di Legge per le liste di attesa

Tante buone intenzioni che, senza fondi, rischiano di restare tali

E fu la luce. Forse sarebbe più opportuno dire “e fu il bagliore di una luce lontana”. Di certo meglio del buio pesto che sino ad oggi ha imprigionato le ormai famose, quanto angosciose, “liste d’attesa”. Fatto è che, pur tra le immancabili mille polemiche, il piano per sfoltire le liste è stato approvato in Consiglio dei ministri. Con il Decreto, cosa mai accaduta in passato, è stato contemporaneamente approvato un disegno di legge con lo stesso obiettivo: eliminare le liste. Come dire: “per il momento accontentiamoci di un progetto almeno organizzativo, in attesa di una legge che verrà quando verrà a dare corpo alle buone intenzioni”. Inevitabilmente un provvedimento come questo a pochi giorni dalle elezioni diventa terreno di polemiche. E guarda caso a dare il via alle polemiche sono state proprio le Regioni, chiamate ad applicare la maggior parte delle misure. La prima critica che muovono è "l'assenza di concertazione". Da qui si sviluppa poi un acceso dibattito che sfocia da una parte in un giudizio talmente negativo per cui il decreto viene definito "astratto e privo di coperture". E con l'aggravio di un mancato confronto. Dall’altra parte sfocia nella strenua difesa di chi effettivamente ce l’ha messa tutta per fare qualcosa di buono ma che poi vede il suo tentativo abbattersi contro un muro di debiti che impedisce qualsiasi via di fuga. Il ritornello è quello che siamo abituati a sentir ritmato quasi come una colonna sonora della nostra quotidianità: non c’è possibilità di finanziamento. E allora? Dobbiamo accontentarci di quello che abbiamo a disposizione.

Ma almeno evitiamo di prenderci in giro; ormai siamo avvezzi ai giochini politici preelettorali. Torna alla mente la favola di Esopo, “L’uomo che prometteva l’impossibile”. Un povero ammalato, lasciato senza speranze dai medici, pregava gli Dei promettendo di dedicare loro dei preziosi oggetti votivi se gli avessero concesso la salute. E alla moglie che gli chiedeva dove mai avrebbe preso i soldi per quelle offerte così preziose, diceva: "Ma credi veramente che io mi rialzerò cosicchè gli dei possano pretendere da me queste offerte?". Il messaggio di Esopo è chiaro: tante volte gli uomini fanno promesse che di fatto non prevedono di mantenere.

Andiamo ora ad esaminare i libri delle buone intenzioni. Si tratta di due i testi nei quali si è sdoppiato l'intervento del governo. Da un  lato il Decreto legge, in tutto 7 articoli, con una piattaforma nazionale per il monitoraggio, che dovrà dialogare con quelle regionali. La prima novità, sulla quale peraltro noi avremmo molto da dire, nasce un Cup unico regionale o infraregionale con tutte le prestazioni disponibili sia da parte delle strutture pubbliche sia da parte di quelle convenzionate. Se le visite non vengono erogate nei tempi previsti dalle classi di priorità, viene garantita la prestazione in intramoenia o nel privato accreditato. Ma questa non è una novità: c’era una legge che prevedeva in questi casi la soluzione “privata” con immediato rimborso della ASL di competenza, non è mai stata rispettata. Come già esisteva una legge ormai ultradecennale che vietava di chiudere le agende di prenotazione: anche questa sempre ignorata; ora si attiverà un sistema di 'recall' che eviterà il fenomeno delle prestazioni prenotate e non effettuate. Si potranno poi fare visite ed esami anche il sabato e la domenica e in ogni azienda ospedaliera, ma le ore di intramoenia non dovranno superare l'attività ordinaria.

Sale inoltre la spesa per il personale: pari al 15% dell'incremento del Fondo sanitario rispetto all'anno precedente. Il tetto di spesa dal 2025 viene abolito, ma ci sarà il calcolo di un fabbisogno standard di personale. Il decreto prevede anche un piano d'azione per il rafforzamento dei servizi sanitari e sociosanitari nelle 7 regioni del sud, destinatarie del Programma Nazionale Equità nella Salute 2021-2027. Prevista anche una flat tax al 15% sulle prestazioni orarie aggiuntive dei sanitari impegnati nella riduzione delle liste.

Naturalmente un po’ più complesso – e a tempo indeterminato quanto ad entrata in vigore - il Disegno di legge. E’ composto da 15 articoli. Prevede l'aumento del 20% delle tariffe orarie per il personale per i servizi aggiuntivi contro le liste d'attesa, la possibilità per gli specializzandi di incarichi libero professionali fino a 10 ore settimanali. Sono poi confermate le misure contro i gettonisti, e la possibilità di assumere con contratti di lavoro autonomo.

E’ previsto persino l’aumentano dei limiti di spesa per l'acquisto di prestazioni sanitarie da privati accreditati. Alle Regioni si chiede di assegnare obiettivi annuali sulla riduzione delle liste di attesa, per la valutazione e la verifica dell'attività dei direttori regionali della sanità e dei direttori generali delle aziende. In base al raggiungimento o meno di tali obiettivi sono previsti premi o sanzioni che possono arrivare sino alla sospensione.

Indubbiamente qualche cosa di buono è stata fatta. Per esempio la progettazione di un sistema nazionale di monitoraggio delle liste d'attesa, regione per regione, prestazione per prestazione, aiuterà a capire finalmente dove sia necessario intervenire e in che modo. Un po’ più difficile vediamo l’impegno delle Regioni nel non chiudere le liste d'attesa e nell'organizzarsi per rispettare queste tempistiche. Dovranno fare ricorso, se non riescono a rispettare i tempi, anche alle prestazioni intramoenia e alle strutture private accreditate. Ma i cittadini pagheranno solo il ticket. La differenza, in termini di costo, che dovranno sostenere dovrà essere coperta dalle risorse che lo Stato ha stanziato in legge di bilancio, tra l'altro si tratta di una cifra irrisoria rispetto alle necessità di assistenza degli italiani sofferenti, così come evidenziate da decine e decine di monitoraggi.

Lo stesso dicasi per l’altra novità: le prestazioni sanitarie si potranno fare anche fuori dal normale orario, anche di sabato e di domenica. Ma con quale personale? E a quali costi? E chi paga? Hanno promesso che per il 2024 il tetto di spesa per le assunzioni salirà dal 10 al 15% e dal 2025 sarà abolito del tutto per essere sostituito con un meccanismo capace di calcolare realmente il fabbisogno del personale territorio per territorio.

Non ci resta che attendere e sperare che nel frattempo agli italiani sia garantito, come non sempre è accaduto in questi anni, il diritto costituzionale ad accedere alle cure. E senza distinzione alcuna.

Nella sezione Documentazione di questo sito una breve descrizione degli articoli del Decreto e del Disegno di Legge e le bozze dei due atti





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