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Fine vita – Depositati emendamenti al testo Base

Sono stati presentati dalle Commissioni riunite Giustizia e Sanità del Senato

I relatori delle Commissioni riunite Giustizia e Sanità del Senato hanno depositato una serie di emendamenti al testo base sul fine vita. Uno di essi definisce nettamente  l’esclusione del Servizio Sanitario Nazionale da ogni forma di coinvolgimento, nel senso che non potrà fornire né mezzi né personale per il suicidio medicalmente assistito. E’ ribadito che “In nessun caso la legge riconosce alla persona il diritto a ottenere aiuto a morire.” Non si parla di diritto, dunque, ma solo della possibilità che, in condizioni molto precise, chi agevola il suicidio di una persona gravemente sofferente non sia punibile.

Sono stati presentati emendamenti anche a proposito delle  condizioni per accedere alla procedura di non punibilità. Proponiamo in breve i punti focali del testo con gli emendamenti depositato.

 La persona deve essere:

- Maggiorenne;

- Inserita in un percorso di cure palliative;

- Tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali;

- Affetta da una patologia irreversibile;

- Sofferente in modo fisico o psicologico, in modo intollerabile e, la novità introdotta dai relatori, "incoercibile";

- Pienamente lucida, capace di intendere e di volere.

Molto articolata la procedura da seguire per la richiesta:

- Dopo la presentazione della richiesta, il Comitato etico territoriale ha 60 giorni per dare un parere (non vincolante).

- Il Centro ha poi altri 60 giorni per deliberare, eventualmente chiedendo ulteriori accertamenti.

- Il tutto può essere prorogato di altri 30 giorni.

Non è previsto alcun termine massimo vincolante. In altre parole, non esiste un limite di tempo entro cui il procedimento debba essere chiuso. Nessun automatismo, nessun silenzio-assenso. Resta la possibilità per il paziente di ritirare la richiesta in qualsiasi momento.

Il Centro di coordinamento sarà composto da un team multidisciplinare: giuristi, bioeticisti, medici specialisti, psicologi, infermieri, farmacologi.

L’emendamento che ha suscitato clamore, è l’introduzione dell’articolo 4-bis, con il quale si stabilisce che: “Il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci, di cui dispone a qualsiasi titolo il servizio sanitario nazionale non possono essere impiegati per agevolare l’esecuzione del proposito suicidario". In altre parole: nessun medico del Ssn, nessun infermiere pubblico, nessun ospedale, farmaco o strumentazione potrà mai essere utilizzato per aiutare un paziente a morire, anche se in condizioni disperate e anche se ritenuto non punibile. L’intero sistema sanitario pubblico viene escluso dal percorso, che dovrà necessariamente avvenire al di fuori, con risorse e strutture private. 

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