L’Ocse denuncia: nel 2023 il 25 % ultra 65enni
I medici italiani sono i più anziani dell'Ue. Un record piuttosto scomodo che va di pari passo col trend dell’invecchiamento della popolazione del nostro Paese. Quasi il 25% - un quarto - risulta infatti essere di età superiore ai 65 anni al 31 Dicembre 2023, la percentuale più alta dell'Unione insieme al Portogallo, e si prevede che questa quota raggiungerà oltre il 33% entro il 2050. E' il quadro che risulta dal rapporto “Health at a Glance: Europe 2024” dell'Ocse. Motivo per cui, con una popolazione che invecchia, "la domanda di servizi sanitari in Italia continuerà a crescere", avvertono gli autori del report in una nota. "Ad aggravare questa sfida" – avvertono all’Ocse - è il fatto che "la forza lavoro medica italiana è la più anziana dell'Ue, con oltre la metà dei medici di età pari o superiore a 55 anni e il 27% di età pari o superiore a 65 anni, la percentuale più alta dell'Unione". Ovviamente a spaventare è l'impatto della 'gobba pensionistica' per i camici bianchi. In Itala si prevede che l'ondata di pensionamenti raggiungerà il picco nel 2025 e "si normalizzerà solo alla fine del decennio", avvertono gli esperti. Oggi la situazione – stando al report – è la seguente: l'Italia ha un numero di medici per popolazione simile alla media Ue - 4,2 per 1.000 abitanti, ma con un numero di infermieri inferiore alla media (6,5 contro 8,4 per 1.000 abitanti nell'Ue). C'è quindi una maggiore dipendenza dai medici per la fornitura di servizi sanitari. Ma, analizzano gli autori, "con l'approssimarsi di un considerevole numero di pensionamenti nel settore medico e l'incremento del fabbisogno di servizi assistenziali legato all'invecchiamento demografico", alcuni fattori "possono concorrere a mitigare la richiesta di personale medico". Come, ad esempio, "l'ampliamento delle competenze degli infermieri di famiglia e di comunità, unitamente a quelle dei farmacisti".
Ma, fra crisi di vocazione e fughe all'estero, gli infermieri in Italia scarseggiano. Secondo i dati ribaditi dallo stesso rapporto Ocse, il nostro Paese ha un numero di infermieri al di sotto della media Ue: 6,5 contro 8,4 per mille abitanti nell'Ue. La professione in Italia – si legge nel Rapporto - si trova a fronteggiare delle criticità, che aggravano ulteriormente la crisi generale delle risorse umane in ambito sanitario. "Le domande di immatricolazione ai percorsi formativi infermieristici si sono quasi dimezzate dal 2012, nonostante un aumento del 25% del numero di posti disponibili", segnalano gli autori del Report in una nota. Di conseguenza, il numero di laureati in Infermieristica in Italia "rimane uno dei più bassi dell'Ue in rapporto alla popolazione (16,4 contro 37,5 per 100.000 abitanti nell'Ue nel 2022)". A questa tendenza, segnala infine l’Ocse, si aggiunge poi l'emigrazione di laureati in Infermieristica alla ricerca di retribuzioni più vantaggiose all'estero. Un dato che "solleva apprensioni riguardo alla capacità dell'Italia di colmare le future posizioni infermieristiche. L'ampliamento del ruolo e il miglioramento della qualità delle condizioni di lavoro degli infermieri – concludono gli autori della ricerca - sono fondamentali per attirare un maggior numero di persone verso questa professione".