Le urgenze risolte in 3 giorni ma tutto il resto si muove a rilento
“Eppur si muove”…Così Galileo Galilei quando fu costretto ad abiurare le sue teorie astronomiche, di fronte al Tribunale dell’Inquisizione. Scomodiamo il grandissimo fisico, astronomo, filosofo, matematico e scrittore italiano che dir si voglia, che illuminò il XVI secolo d’Italia con le sue scoperte, per dare notizia dei primi segni di vita della nuova Piattaforma nazionale per il monitoraggio delle liste d’attesa. Nata tra mille difficoltà, circondata dallo scetticismo generale la Piattaforma sta dando i primi frutti, snocciolando dati che, seppur tra luci ed ombre, cominciano ad avere un senso. E’ quanto rileva Quotidiano Sanità dopo aver compiuto una dettagliata analisi sulle prenotazioni per 5 visite specialistiche (oculistiche, dermatologiche/allergologiche, cardiologiche, ortopediche e otorinolaringoiatriche) e per 5 esami diagnostici (Ecografia dell’addome completo, Ecocolordoppler cardiaco a riposo, Ecocolordoppler , Mammografia bilaterale e Radiografia del torace) con i volumi più alti.
Da questa prima analisi il sistema, sottolinea QS, sembra tenere solo sulle prestazioni con priorità U (urgente), dove quasi tutte le specialità rispettano il vincolo dei 3 giorni previsti. Ma già con la priorità B (breve) – da erogare entro 10 giorni – si cominciano a osservare i primi rallentamenti, con tempi massimi che spesso raddoppiano. La situazione peggiora in modo evidente per le classi D (differibile) e P (programmabile): qui le code si fanno lunghe, e in molti casi i tempi reali superano ampiamente i limiti fissati (rispettivamente 30/60 e 120 giorni, a seconda della prestazione).
Se da un lato alcune branche come ortopedia e radiologia toracica mostrano una buona tenuta anche nelle fasce non urgenti, in altri casi – su tutti dermatologia, mammografia ed esami cardiovascolari – si registrano ritardi importanti, con punte di oltre 300 giorni di attesa. Un dato che pesa soprattutto nei percorsi di prevenzione oncologica o follow-up cardiologici.
Il monitoraggio nazionale segna dunque un primo passo nella direzione della trasparenza, ma i numeri restituiscono una sanità pubblica che, pur garantendo il pronto intervento, fatica a gestire la domanda ordinaria. Per riportare equilibrio, servono investimenti, riorganizzazione delle agende e soprattutto una strategia nazionale di programmazione della domanda.