L’esordio, alla Conferenza sui Diritti delle persone con disabilità
Dall’Umbria a New York. E’ il viaggio che si appresta a fare l’Istituto Serafico di Assisi per approdare all’Onu dove presenterà il suo “modello” di cura, assistenza e prevenzione per le persone disabili e per raccontare al mondo che “la disabilità non esclude la libertà di scegliere, di sbagliare, di riprovare”, ovvero “la libertà di vivere”. L’esordio, dal 10 al 12 Giugno prossimi quando – informa una nota - una delegazione del Serafico parteciperà alla 18ª Conferenza degli Stati membri della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (COSP18), su invito della Ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, che ha voluto coinvolgere la storica istituzione all’evento dedicato al tema “Il diritto a una vita piena e partecipata” per portare “un’esperienza concreta e già attiva in Italia, in linea con i principi introdotti dalla recente Riforma della Disabilità”.
Il Serafico, infatti, racconterà alle Nazioni Unite il suo approccio al “Progetto di vita” e sarà un’occasione internazionale per illustrare – sottolineano i vertici dell’Istituto – “non un’idea astratta, ma una prassi già in atto: percorsi personalizzati che mettono la persona al centro, valorizzando ogni possibilità, ogni espressione e ogni scelta. Anche le più piccole. Nella realtà assisana, infatti, il tempo ricreativo non è riempitivo, ma trasformativo: non si tratta solo di 'fare qualcosa', ma di costruire identità, autonomia, senso”. Uno degli esempi più forti che il Serafico porterà Oltreoceano è il suo laboratorio di ceramica, “uno spazio in cui l’argilla – si sottolinea nella nota stampa - diventa strumento per allenare le abilità motorie, sensoriali e comunicative, ma anche e soprattutto per esercitare il diritto di scegliere. Scegliere un colore, una forma o un gesto sono piccoli atti, sì, ma che per ragazzi e ragazze con disabilità gravi rappresentano conquiste reali, tappe fondamentali di autodeterminazione”.
“Quando diciamo che al Serafico ogni persona è protagonista della propria vita – spiega Francesca Di Maolo, presidente dell'Istituto – intendiamo costruire contesti in cui si possa scegliere, provare e anche sbagliare. Perché solo sperimentando si impara a vivere davvero. E troppo spesso, per paura o per rigidità, alle persone con disabilità queste opportunità vengono negate”. Ed è proprio questo approccio che Luca e Savino, due ragazzi non vedenti con disabilità complesse del Serafico, porteranno simbolicamente a New York. “La loro presenza nella delegazione è parte integrante del messaggio della realtà assisana, proprio perché anche chi comunica in modo diverso ha il diritto a essere incluso, rappresentato e protagonista”. “Ora abbiamo strumenti normativi all’avanguardia – continua Di Maolo – ma il vero salto deve essere culturale. Serve il coraggio di cambiare lo sguardo, di non vedere in un ragazzo con disabilità solo la sua condizione da gestire, ma una persona da ascoltare, valorizzare e accompagnare. Anche quando i bisogni sono complessi, anche quando la comunicazione è diversa, anche quando tutto sembra più difficile”. Il modello-Serafico – aggiunge la presidente - si basa infatti su una visione multidimensionale della persona ispirata alla teoria della “Qualità della Vita” elaborata da Robert Schalock che si basa su benessere fisico e psicologico, relazioni, inclusione, diritto alla partecipazione e alla scelta. Una visione che oggi viene riconosciuta a livello internazionale come punto di riferimento per politiche innovative e inclusive. La partecipazione del Serafico alla COSP18 – per Francesco Di Maolo – “dimostra che in Italia esistono realtà capaci di dare forma concreta ai principi della Convenzione Onu, traducendo le leggi in percorsi reali e quotidiani. Esperienze che non si limitano a garantire assistenza, ma che costruiscono possibilità, futuro e soprattutto dignità per chi vive con disabilità complesse. “Con il Serafico – concludono i responsabili dell’Istituto - l’Italia porterà all’Onu una prospettiva concreta, centrata sulla persona e costruita ogni giorno attraverso il supporto alle famiglie da parte di operatori, educatori e terapisti. E racconterà il suo 'laboratorio'. Ma “non solo quello di ceramica: un laboratorio di cittadinanza, di autonomia, di umanità”.