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In aumento i ricoveri nel privato accreditato

1 italiano su 3 sceglie di operarsi in strutture convenzionate

Se la scelta di dove ricoverarsi, per un necessario intervento chirurgico, si rivolge sempre di più verso il privato accreditato, senza dunque alcun esborso di denaro, qualche motivo ci sarà. Sta di fatto che secondo quanto evidenzia il Cnel (Consiglio Nazionale Dell'Economia e del Lavoro) nella Relazione 2024 sui servizi pubblici, la scelta riguarda ormai  oltre uno su 3 italiani ed è in crescita. L'Italia tuttavia  è il secondo Paese europeo, dopo l'Olanda, con il minor ricorso all'ospedalizzazione. Un quarto dei ricoveri avviene comunque in strutture private accreditate e le degenze medie sono le più lunghe in Europa, a causa della selezione dei pazienti più gravi per il ricovero e dell'elevata età media della popolazione.

Il rapporto segnala anche che nell'ultimo decennio (2022-2012) si sono ridotti i ricoveri ordinari in acuzie del -20,9%; seguono quelli diurni in acuzie, con una riduzione del -37,5%, mentre quelli in riabilitazione ordinaria si sono ridotti del -16,0% rispetto al 2012 e quelli diurni del -47,0%. Infine, i ricoveri in lungodegenza si sono ridotti del -36,5%. Nel 2022, la degenza media ordinaria in acuzie era pari a 7,2 giornate, in aumento (+0,5 gg rispetto al 2012); quella in riabilitazione era pari a 26,4 giornate (+0,2 gg. rispetto al 2012) e quella in lungodegenza a 24,8 giornate (-3,9 gg.). Per quanto concerne gli accessi diurni medi, quelli in acuzie risultavano pari a 2,7 (in riduzione di -0,1 gg. rispetto al 2012); in riabilitazione erano pari a 16,7 (+3,7 gg.).

 A livello regionale la degenza media dei ricoveri ordinari in acuzie, standardizzata per età, varia da Nord a Sud, fra il valore massimo della Valle d'Aosta (8,4 gg.) e quello minimo della P.A. di Bolzano (6,4 gg). E' sempre più complicato anche il rapporto con i medici di famiglia, ormai scesi sotto le 40mila unità. Quasi la metà di questi hanno oltre 1.500 assistiti, superando quindi il tetto massimo previsto dalla normativa. E la situazione rischia di peggiorare a breve dato che il 77% dei medici di medicina generale hanno compiuto i 54 anni. 

   


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