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La “Carta di Firenze” contro l’ageismo sanitario

Ci mancava. Ci mancava un manifesto che denunciasse il rapido diffondersi del famigerato “ageismo” - un inglesismo che indica la discriminazione nei confronti di una o più persone in base all’età - che in Italia sta assumendo dimensioni impressionanti legato al concetto “sanitario”. In sostanza “malati troppo anziani e costosi, vengono 4 su 10 esclusi a causa della loro età, dalle cure migliori. La conseguenza è un rischio di mortalità fino a 4 volte più alto. Naturalmente geriatri e gerontologi sono insorti: riuniti a congresso a Firenze hanno dato vita alla “Carta di Firenze” il primo manifesto al mondo per combattere “l’ageismo sanitario” con dodici azioni per eliminare pregiudizi e stereotipi legati all’età nell’assistenza sanitaria e migliorare qualità e durata di vita degli anziani.

Il manifesto è stato presentato in occasione del congresso “Anti-ageism Alliance. A Global Geriatric Task Force for Elder Adults’ Care”, organizzato dalla Fondazione Menarini con il patrocinio della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg), che  ha riunito i a Firenze il 5 e 6 aprile le maggiori società geriatriche del mondo, insieme a esponenti dell’Oms e delle Nazioni Unite, esperti di etica e associazioni di pazienti.

L’ageismo è una questione di rilevanza globale. Secondo uno studio condotto su oltre 80 mila persone in 57 Paesi, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, una persona su due ha pregiudizi basati sull’età che influenzano anche uno dei settori chiave della vita degli anziani, cioè la sanità, riducendo l’accessibilità alle cure e l’appropriatezza dei trattamenti. Per questo motivo l’ultimo e storico rapporto sull’ageismo stilato da OMS e ONU nel marzo del 2021 ha evidenziato la necessità di politiche e leggi che affrontino la questione, oltre che di attività educative e intergenerazionali che riducano i pregiudizi, in modo da progredire nella collaborazione globale per il decennio dedicato all’invecchiamento attivo dalle Nazioni Unite (2021-2030).

La Carta di Firenze, coordinata da Andrea Ungar, ordinario di Geriatria all’Università di Firenze, presidente del congresso e della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, e da Luigi Ferrucci, direttore scientifico del National Institute on Aging di Baltimora, è stata messa a punto da un panel internazionale di esperti. Il manifesto appena pubblicato sull’European Geriatric Medicine e sul The Journal of Gerontology, punta su 12 azioni concrete per ridurre al minimo l’impatto negativo dell’ageismo nell’assistenza sanitaria e migliorare la qualità di vita degli anziani, riducendo i costi legati alle loro patologie. “In base ai pregiudizi e agli stereotipi legati all’età si ritengono gli anziani già ‘titolari di una quantità di vita sufficiente’, ormai gravosi per il sistema sociale ed economico”, dichiara Ungar. “Quasi un effetto collaterale del successo medico che ha cronicizzato le malattie, determinando un incremento della coesistenza di più patologie nello stesso individuo. È aumentato così il numero di anziani da assistere e, con esso, la forma più diffusa di ageismo, cioè la discriminazione degli anziani nell’ambito sanitario”.

“Nonostante rappresentino la maggioranza dei malati con patologie croniche quasi sempre concomitanti, il 40% degli anziani è tagliato fuori dalle terapie più avanzate e appropriate e dai protocolli sperimentali senza valide ragioni mediche ma solo in base all’età”, sottolinea Ungar. “Gli effetti negativi dell’ageismo influenzano anche la longevità, con una probabilità fino a 4 volte più alta di morire nelle persone anziane che hanno un’autopercezione negativa dell’invecchiamento rispetto a coloro che hanno una visione positiva della vecchiaia. Interiorizzare stigma e pregiudizi potrebbe essere un nuovo fattore di rischio per una vita più lunga”, aggiunge. A sostenerlo i risultati di uno studio condotto su 5483 persone di età compresa tra i 50 e 74 anni, pubblicato su The Gerontologist dai ricercatori del New Jersey Institute for Successful Aging, secondo cui gli anziani che hanno atteggiamenti ageisti hanno un rischio di mortalità entro 9 anni fino a 4 volte più alto (45%) rispetto a chi ha una percezione positiva dell’invecchiamento, pur tenendo conto delle variabili demografiche di salute e stile di vita.

Le azioni proposte nel manifesto per invertire la rotta puntano innanzitutto alla formazione. Il tema dell’invecchiamento deve diventare parte integrante del percorso formativo del personale sanitario e degli assistenti sociali. È necessario  anche un cambiamento di paradigma nell’approccio alla cura dell’anziano che non può essere trattato ‘a pezzetti’, di volta in volta dal cardiologo, dal neurologo, dal diabetologo, ma deve essere seguito con il necessario sguardo di insieme dal geriatra come medico della complessità. Serve poi dare priorità agli anziani nei pronto soccorso che rappresentano un fattore di rischio per via dei lunghi tempi di attesa e una presa in carico non adeguata, che possono contribuire al declino cognitivo e al peggioramento delle condizioni fisiche. Bisogna poi superare l’errata convinzione che una persona molto anziana non tragga significativi benefici dalle terapie, anzi i dati dimostrano l’esatto contrario. 

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