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L’ARIS al Forum della non autosufficienza

Esiste davvero il problema della concorrenza nel settore?

Più danni che benefici. L’ennesimo grido d’allarme sulle criticità contenute nella normativa sulla Concorrenza viene dalla riunione del Coordinamento interassociativo per la difesa del settore socio sanitario, in ambito del Forum della non autosufficienza e dell’autonomia possibile, svoltosi di recente a Roma. L’Aris è stata rappresentata dal dottor Domenico Arena, presidente regionale Aris Sicilia e Responsabile RSA. Tema dell’incontro era incentrato sulle questioni delle cure a lungo termine “dimenticate dal SSN”. E non a caso i lavori sono iniziati con una tavola rotonda il cui tema di confronto era una domanda inquietante: “Esiste davvero il problema della concorrenza nel settore?”.

Per nulla edificante il quadro della situazione che è stato disegnato. Una cosa è risultata evidente da tutti gli interventi: la nuova normativa sulla concorrenza rischia di aggravare, se mai possibile, ancor di più il quadro dell’assistenza sanitaria nel nostro Paese.

Arena, nel suo intervento, ha ripercorso il cammino che ha portato l’ARIS a esprimere, nell’audizione ottenuta, tutte le perplessità suscitate da provvedimenti che sembrano inserire la salute della persona nell’elenco dei prodotti da mettere sul mercato.

Ma al di là della denuncia del grottesco, l’ARIS ha illustrato con chiarezza le criticità dei provvedimenti annunciati. A cominciare dalla normativa dell’accreditamento, poiché, applica al servizio sanitario una logica di mercato inadeguata rispetto alla realtà delle strutture italiane. Inoltre, “la revisione della normativa sull’accreditamento – ha spiegato in sintesi Arena - appare non in grado di qualificare realmente l’offerta del SSN e penalizzante per tutte realtà, in particolar modo le non profit, che continuano a svolgere una determinante funzione di supporto al SSN nonostante le gravi difficoltà finanziarie dovute in modo significativo dai tetti di cui al c.d. DL 95/2012.

In particolare “l’articolo 15 – sottolinea l’ARIS - è intervenuto, da un lato, modificando la disciplina dell’accreditamento istituzionale delle strutture private e, dall’altro, introducendo un meccanismo di selezione di tipo concorrenziale che interessa esclusivamente gli erogatori privati, ai fini dell’individuazione dei soggetti accreditati con i quali stipulare i relativi accordi contrattuali”. Imponendo, per di più esclusivamente alle strutture private accreditate, l’obbligo di sottoporsi “periodicamente” ad una selezione “volta a individuare i soggetti che potranno sottoscrivere gli accordi contrattuali con le Regioni o con le aziende sanitarie competenti”.

Se, pertanto, finora le Regioni provvedevano a sottoscrivere gli accordi contrattuali con tutti i soggetti privati che avevano ottenuto gli accreditamenti – tenuto conto delle esigenze e dei limiti della programmazione regionale – allo stato attuale le Regioni dovranno previamente esperire procedure selettive periodiche per la stipula degli accordi contrattuali con i soggetti privati accreditati.

Da ultimo, con il d.m. 19 dicembre 2022 (c.d. “d.m. concorrenza”) il Ministro della Salute ha dato attuazione alla nuova disciplina definendo le modalità di valutazione e gli elementi - relativi alla qualità, sicurezza e appropriatezza delle attività erogate - che le Regioni e le Province autonome dovranno verificare ai fini del rilascio di nuovi accreditamenti istituzionali e per la selezione dei soggetti privati con i quali sottoscrivere gli accordi contrattuali.

“La normativa – ha fatto poi notare l’ARIS - oltre a porsi in contrasto con la Direttiva Bolkestein (direttiva UE/123/2006) che esclude i servizi sanitari dal proprio ambito di applicazione, presenta ulteriori possibili profili di incostituzionalità escludendo la componente di diritto pubblico dalle selezioni, intervenendo in una materia che rientra nella competenza concorrente Stato-Regioni e mettendo a rischio la continuità assistenziale a danno dei pazienti”.

“La disciplina – ha aggiunto Arena -presenta, inoltre, diversi profili di irragionevolezza, illogicità e incertezza applicativa con particolare riguardo al generico riferimento a selezioni da effettuare periodicamente, che non viene circostanziato entro un limite temporale definito, rischiando così di sovrapporsi alla periodicità annuale della programmazione sanitaria. Un arco temporale, questo, incongruo e inidoneo ad assicurare, in primis, la continuità delle prestazioni assistenziali e, in secondo luogo, una valutazione del rischio d’impresa e una minima certezza dei ritorni sugli investimenti effettuati da parte degli erogatori privati accreditati”.

Con la “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” il legislatore non solo ha rivisto le modalità di partecipazione al SSN delle strutture sanitarie private in ottica di maggiore concorrenza, ma vincola l’adozione dei nuovi criteri alla possibilità delle Regioni di accedere ai finanziamenti integrativi del SSN, individua nuove modalità di valutazione dell’accreditamento da parte di nuove strutture pubbliche e private in termini di qualità, sicurezza e appropriatezza.

“La nuova normativa – ha precisato, inoltre, Arena - come definita dal Decreto del Ministero della Salute del 19 dicembre 2022, demanda alle Regioni l’obbligo di mettere periodicamente a bando sia gli accreditamenti esistenti, sia il budget storico finora assegnato alle strutture private accreditate che già operano per il SSN. In un contesto di generale difficoltà economica da parte di molte strutture – dovuto alla riduzione delle tariffe, ai tetti di spesa di cui al Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, art. 15, co. 14 e alla carenza di personale - il nuovo obbligo delle Regioni di dover rimettere a gara accreditamenti e budget storico affidato alle strutture accreditate, desta stupore e grande preoccupazione per la sostenibilità economica degli ospedali e delle strutture sociosanitarie”.

“L’apertura del mercato da parte di ogni Regione e la messa a bando periodica del budget storico assegnato – l’altro aspetto sottolineato dall’ARIS - se attuata senza tenere in considerazione tutte le implicazioni economiche, sociali, occupazionali, oltre che di “know-how” sanitario, rischia inoltre di favorire l’entrata dei grandi gruppi ospedalieri internazionali e dei fondi di investimento, pregiudicando, in particolare, la sostenibilità economica delle storiche eccellenze sanitarie non-profit tipiche del mondo religioso, il cui orientamento è dato unicamente dall’assistenza senza logica del profitto. Il risultato di tale normativa, pertanto, è ben lontano da quello prefissato dal legislatore: si rischierebbe di dare luogo a dinamiche “iperconcorrenziali” (un paradosso in sanità addirittura escluso dalle normative europee, vedi direttiva UE/123/2006 (cfr. art. 2.2, lett. f)), tali da provocare una dinamica di lotta al “ribasso” nella gestione delle strutture, a vantaggio dell’offerta puramente privatistica di servizi sanitari a cui rispondono gli operatori più grandi, in grado di fare economie di scala anche a scapito della qualità dei servizi”.

“La revisione della normativa sull’accreditamento, in sintesi- ha concluso Arena - non appare in grado di qualificare realmente l’offerta del SSN, bensì penalizzante per tutte le strutture (ospedaliere, sociosanitarie, residenziali per anziani, disabili o persone con patologie psichiatriche), in particolar modo le non-profit, che continuano a svolgere una determinante funzione di supporto al SSN nonostante le gravi difficoltà finanziarie dovute in modo significativo dai tetti e alla carenza di personale”.

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