Qualcuno ha definito “un funerale vivo” l’ultimo omaggio di Roma a Papa Francesco. Effettivamente la definizione rende perfettamente l’immagine di quella marea orante snodatosi per le vie storiche di Roma. Più che un corteo funebre o forse un addio, è sembrato infatti un inno alla vita e alla speranza. La città, solenne e silenziosa, si è fermata in un abbraccio collettivo, come se anche le pietre antiche volessero rendere omaggio a un uomo che ha toccato il cuore di milioni di persone. Le strade, solitamente animate dal traffico e dai rumori quotidiani, si sono riempite di un senso di amore, frammisto al rispetto e alla commozione profonda. Le bandiere, i fiori e le lacrime silenziose si sono mescolate in un abbraccio di comunità, mentre il corteo si muoveva lento, quasi a voler assaporare ogni istante di quell’ultimo viaggio.
Il volto di Papa Francesco, anche in questa occasione, è sembrato ancora vivo tra le immagini e i ricordi di chi lo ha conosciuto e amato. La sua figura, simbolo di umiltà e di speranza, si staglia ancora tra le pietre di Roma, come un faro che non si spegne. Un esempio di fede e di amore che continuerà a vivere nei cuori di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo.
Il corteo, accompagnato da canti e preghiere, è diventato realmente un momento di comunione universale in nome di Papa Francesco. Si è presto trasformato in un vivo tributo alla sua vita. È stato un addio che non è fine, ma un passaggio, un’onda di emozioni che si diffusa tra le vie di Roma, lasciando un segno indelebile nel cuore di chi ha condiviso con lui un pezzo di strada. E si è vista la sua Chiesa “uscire sulla strada” come più volte Lui l’ha invitata a fare. Una Chiesa che non potrà mai più restare chiusa in se stessa ma che dovrà continuare a vivere in mezzo alla gente per insegnare “a costruire ponti che uniscono” anziché “muri che dividono”.
Il volto nuovo di quella Chiesa che vorremmo, l’hanno raffigurato i figli più cari di Papa Francesco. Quelli che lo hanno atteso per ore sul sagrato della Basilica di Santa Maria Maggiore, tra lacrime e rimpianti, tra gioia e dolore. Erano lì a rappresentare i più poveri tra gli uomini, i diseredati, i senza tetto, e persino dei carcerati in permesso speciale, e tutti quei “cartoneros” che Begoglio ha amato sin dai suoi primi passi consacrati nella sua natia Argentina. E lì’, su quel sagrato forse è andato in scena il vero rito funebre di Papa Francesco: non c’erano i grandi della terra ma gli ultimi, i grandi per il Cielo, a pregare con cuore sincero per un uomo tanto normale da essere divenuto straordinario.
Nella sezione documentazione pubblichiamo il testo completo dell’omelia durante la Messa funebre celebrata sul sagrato della Basilica di San Pietro dal Cardinale Decano del Sacro Collegio Giovan Battista Re.