A chiederlo l’Albo nazionale tecnici di laboratorio biomedico
Non è una levata di scudi ma solo una richiesta di garanzia sulla sicurezza dei dati clinici derivanti da analisi del sangue. E’ questa in sostanza la presa di posizione della Commissione dell’ Albo nazionale dei Tecnici sanitari di laboratorio biomedico - componente della Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione – a proposito della recente approvazione dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private, che autorizza i Farmacisti a refertare i risultati delle analisi di prima istanza. Pur riconoscendo l’importanza del ruolo delle farmacie per l’assistenza sul territorio i tecnici richiamano la necessità di “garantire che l’attuazione di tale accordo avvenga nel rispetto degli standard di qualità e sicurezza necessari per la tutela della salute pubblica”. Le farmacie non sono strutture sanitarie e dunque “non possono certificare l’intero processo diagnostico” perché le analisi effettuate nelle farmacie forniscono solo una valutazione preliminare e “non sostituiscono una diagnosi definitiva”. Per questo ritengono essenziale che “ogni referto sia validato da professionisti competenti, a garanzia della validazione tecnica e clinica”. Del resto gli strumenti PoCT (Point-of-Care Testing) utilizzati nelle farmacie consentono analisi rapide, ma presentano una maggiore variabilità rispetto ai prelievi venosi effettuati nei laboratori accreditati, aumentando il rischio di errori. Solo professionisti qualificati, come i TSLB, Biologi e Medici specialisti in patologia clinica, biochimica clinica e microbiologia clinica, possiedono le competenze necessarie per garantire referti affidabili. Per questo la Commissione di albo nazionale dei TSLB della FNO TSRM e PSTRP sottolinea “l’importanza di un chiaro distinguo tra servizi farmaceutici e diagnostici, evitando sovrapposizioni di competenze e garantendo ai cittadini prestazioni sicure e di qualità. In quest’ottica, le Case della comunità – previste dal DM 77/2022 – rappresentano il modello ideale per potenziare l’assistenza diagnostica di prossimità. Le farmacie, invece, possono offrire un valido supporto tramite la telemedicina, senza sostituire le attività dei laboratori”.