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Non ridurre mai il diritto alla vita

Lo riafferma una delibera del Comitato bioetico nazionale

Non ridurre mai la tutela del diritto alla vita, soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili, che l’ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema ed irreparabile, come quella del suicidio.

Lo riafferma una delibera del  Comitato Nazionale per la Bioetica (Cnb) nel dare una propria valutazione in ordine al tema dei Trattamenti di Sostegno Vitale, senza mancare di precisare “di non voler entrare nel merito né del suicidio assistito in generale, né della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019”.

A sollecitare la valutazione è stato  il Comitato Etico Territoriale (Cet) dell’Umbria il quale, il 3 novembre dello scorspo anno, aveva rivolto un quesito al Cnb, al fine di vedere chiariti “i criteri da utilizzare per distinguere tra ciò che è un trattamento sanitario ordinario e ciò che debba essere considerato un trattamento sanitario di sostegno vitale”.

Secondo il CNB i requisiti che descrivono il perimetro di non punibilità (dunque: cure palliative, patologia irreversibile, trattamenti di sostegno vitale, dolore fisico o psicologico ritenuto intollerabile, decisione libera e consapevole) sono necessariamente concomitanti. Chiaramente  il requisito dei Trattamenti di Sostegno Vitali ha un’indiscussa rilevanza bioetica, il cuji obiettivo è  “non esporre i soggetti fragili a una inaccettabile pressione, con una grave apertura nei confronti dei percorsi suicidari”. Secondo il Cnb la logica giuridico-normativa della presenza della circostanza legittimante dell’essere “tenuto in vita da trattamento di sostegno vitale” consiste nel circoscrivere – con un elemento “oggettivo” – l’area di agevolazione al suicidio, al fine di evitare possibili abusi nella pratica dell’assistenza ad una scelta suicidaria del paziente. "Quanto detto è in armonia con le motivazioni della sentenza, che esclude l’esistenza di un 'diritto' al suicidio, il cui riconoscimento si porrebbe invece in contraddizione insanabile con il diritto incondizionato alla vita di ogni essere umano: la vita di ciascuno avrebbe infatti valore soltanto a condizione che il suo titolare fosse disposto a riconoscerlo, con l’abbandono dei princìpi di dignità e di solidarietà ancorati al valore in sé della persona", si legge nel documento.

Alla luce di tale prospettiva bioetica, ritenuta fondamentale, il Cnb ha anche ritenuto, con una diversa seppur larga maggioranza, che l’area di non punibilità in oggetto si concretizzi in presenza di trattamenti sanitari sostitutivi delle funzioni vitali, la cui sospensione sia seguita dalla morte in tempi brevi.


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