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Policlinico Gemelli - Arriva ‘Robin Hood’ per salvare nell’utero gemellini ancora non nati

 Arriva anche “Robin Hood” al Policlinico Gemelli di Roma per tutelare la salute dei gemellini non ancora nati. E lo fa scendendo nel campo della chirurgia fetale con un intervento una terapia in utero per la cura della sindrome da trasfusione feto-fetale (o TTTS, denominata, appunto, Robin Hood. Si tratta di una patologia che riguarda ogni anno in Italia circa 300 gravidanze gemellari monocoriali (cioè due gemelli che condividono una sola placenta). Il piano è portato avanti da una squadra di specialisti guidata dal professor Tullio Ghi, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica e Direttore della UOC di Ostetricia e Patologia Ostetrica del Gemelli, e dalle sue assistenti, le dottoresse Alessandra Familiari ed Elisa Bevilacqua. “Quello della chirurgia fetale – spiega il professor Ghi - è un progetto ambizioso, voluto dal compianto professor Giovanni Scambia, con l’obiettivo di far diventare il Gemelli un centro di riferimento internazionale in questo settore. Si tratta di una branca molto recente della medicina, sviluppatasi all’inizio di questo secolo nei principali centri di medicina fetale del mondo e approdata in Italia solo verso il 2010. Mentre ci sono diversi centri in grado di affrontare questo intervento al Nord, al Centro Sud c’è solo Roma con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e il Policlinico Gemelli. Si tratta di interventi complessi, ma il Gemelli è in grado di offrire a queste donne e ai loro bambini un gran numero di specialisti in tutte le discipline, offrendo loro un percorso assistenziale completo e virtuoso che comprende anche la gestione del parto”.

“La sindrome da trasfusione feto-fetale – afferma la dottoressa Elisa Bevilacqua - complica circa il 15% delle gravidanze gemellari con una sola placenta (monocoriali) che rappresentano una gravidanza su 3 di quelle gemellari (che a loro volta sono il 2-3% delle oltre 300.000 gravidanze che si registrano ogni anno in Italia). Si tratta di una patologia dell’architettura vascolare di quest’unica placenta, nella quale le circolazioni sanguigne dei due gemellini sono in comunicazione attraverso dei vasi (anastomosi vascolari). Se il sangue passa in modo bilanciato attraverso queste comunicazioni non ci sono problemi; ma se passa di più da un feto all’altro, si realizza la condizione di un feto ‘donatore’ (che svilupperà ipoperfusione degli organi vitali e poco liquido amniotico) e di un feto ‘ricevente’ (con cuore e circolazione sovraccarichi per eccesso di sangue in circolo e tanto liquido amniotico). In queste condizioni, il rischio di mortalità in utero o di parto molto prematuro (prima di 25 settimane) è molto elevato. Fondamentale per le gravidanze gemellari monocoriali è la sorveglianza: le donne devono fare ecografie fetali con Doppler ogni 15 giorni. Questo permette di fare diagnosi precoce, di studiare correttamente la TTTS e, se necessario, di offrire un trattamento tempestivo, mediante chirurgia in utero”.

L’intervento per trattare la TTTS è la laser-coagulazione fetoscopica delle anastomosi placentari. “Si tratta di una tecnica endoscopica – sottolinea la dottoressa Alessandra Familiari - che consiste nell’entrare con una minuscola telecamera all’interno dell’utero, attraversando la parete addominale; questo ci permette di individuare con precisione millimetrica la posizione dei vasi ‘colpevoli’. A quel punto, dalla stessa porta d’ingresso della telecamera, viene inserita anche una fibra laser che servirà a ‘coagulare’ (cioè a bruciare) i vasi sanguigni che determinano lo scompenso di circolazione tra i due feti. Con questo intervento, separiamo le circolazioni dei due gemelli, andando di fatto a dividere in due una placenta unica (si ‘dicorionizza’ la placenta) e impedendo così un passaggio di sangue anomalo da un bambino all’altro”. 

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