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Policlinico Gemelli – Le alterazioni polmonari post- Covid quasi sempre regrediscono

Buone notizie dal Policlinico Gemelli di Roma sulle conseguenze legate agli effetti collaterali del post-Covid. Secondo uno studio condotto dal nosocomio cattolico insieme ad altre istituzioni socio-sanitarie, le alterazioni polmonari residue avvertite da pazienti colpiti dal Covid tendono a stabilizzarsi o a regredire nel tempo, indicando che sono di natura non progressiva e solo post infettiva. Si tratta di disturbi che riguardano fino al 50% delle persone ricoverate a causa della pandemia. Pubblicato sulla prestigiosa rivista Radiology, il lavoro è la conclusione di una dichiarazione di consenso multisocietario, sviluppato da 21 radiologi toracici appartenenti alla Società Europea di Imaging Toracico (ESTI), alla Società di Radiologia Toracica (STR) e alla Società Asiatica di Radiologia Toracica (ASTR), e validato da pneumologi esperti a livello internazionale. A guidare la ricerca, la professoressa Anna Rita Larici, Associata in Diagnostica per Immagini e Radioterapia alla Facoltà di Medicina e chirurgia. Ed, inoltre, responsabile della UOS di Diagnostica Toracica afferente alla UOC di Radiologia Toracica e Cardiovascolare, diretta dal professor Luigi Natale, presso l'Advanced Radiology Center del Gemelli, diretto dalla professoressa Evis Sala.

Il COVID-19 – spiegano i curatori della ricerca - può causare sintomi persistenti o in peggioramento dopo l'infezione, descritti come disturbo post-COVID o long COVID, e si stima che circa il 6% delle persone che ne sono state colpite soffra di questa condizione. Tra i pazienti ricoverati in ospedale per COVID-19 acuto, in media il 50% presenta alterazioni alla TC del torace e il 25% presenta anomalie funzionali polmonari restrittive a quattro mesi dall'infezione. Per cui, i radiologi devono affrontare diverse sfide importanti per la gestione di questa popolazione di pazienti. "Queste includono la differenziazione tra alterazioni polmonari residue persistenti da COVID-19, come il vetro smerigliato, ed eventuali alterazioni fibrotiche, nonché la valutazione dell'evoluzione temporale di questi reperti”, spiega la professoressa Larici, che avverte: “È fondamentale distinguere le alterazioni polmonari residue post-COVID-19 dalle anomalie polmonari interstiziali (ILA) e dalle interstiziopatie polmonari (ILD), in particolare quelle fibrotiche, poiché hanno implicazioni cliniche molto diverse: i cambiamenti post-COVID-19 in genere si stabilizzano nel tempo, mentre le ILA e le ILD possono progredire e avere una prognosi sfavorevole".

Le raccomandazioni chiave messe a punto dallo studio, spiega la professoressa Larici, “includono l'uso della TC torace per i pazienti con sintomi respiratori persistenti o progressivi 3 mesi dopo l'infezione, l'uso di TC a basso dosaggio per gli esami di follow-up, l'uso del glossario dei termini della Fleischner Society per descrivere correttamente le alterazioni polmonari post-COVID-19 ed evitare il termine anomalia polmonare interstiziale: "Chiamarle nel modo giusto è fondamentale – spiega ancora la professoressa - per indirizzare il paziente in un percorso di follow up adeguato ed evitare di interpretare erroneamente le alterazioni post-COVID-19 come una manifestazione precoce di malattia polmonare interstiziale. Va quindi sempre utilizzato per questi pazienti il termine alterazione polmonare residua post-COVID-19 e va sempre evitato di parlare di fibrosi polmonare, malattia ben diversa e soprattutto progressiva". Questa dichiarazione di consenso contribuirà ad armonizzare la pratica radiologica e la ricerca per un numero considerevole di pazienti colpiti, conclude Larici.

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