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Rapporto Aiop-Censis 2023 - Il 42%degli italiani non si cura: liste troppo lunghe

Poco meno della metà degli italiani con redditi bassi (il 42 %) rinuncia a curarsi; per il 31 % le liste di attesa “sono troppo lunghe”; tuttavia, il 47,7% “ha una percezione positiva del Servizio sanitario della propria regione (Ssr). Sono solo alcuni dei dati più significativi che emergono dal 21/mo Rapporto “Ospedali & Salute” presentato il 27 marzo alla presenza del ministro della Salute Orazio Schillaci. Promosso da Aiop (Associazione Italiana ospedalità privata) e realizzato in collaborazione con il Censis, il Rapporto – spiega una nota - è uno strumento di monitoraggio dell'efficacia e efficienza del sistema ospedaliero italiano, pubblico e privato, e offre una valutazione del Servizio Sanitario Nazionale basata su analisi che tengono conto sia dei dati ufficiali pubblicati dal Ministero della Salute e da Agenas sia dell'esperienza diretta dei pazienti.

L'8,7% e il 39% ritengono che la sanità locale sia di un livello qualitativo, rispettivamente, “ottimo e buono”. Il 28,1% esprime invece un giudizio di sufficienza, mentre per il 22,4% è “insufficiente'”. Ma se più di un cittadino su 5 esprime un giudizio negativo, l'insufficienza del proprio Ssr è tuttavia riportata solo dal 9,4% dei residenti nel Nord-Est contro addirittura il 35,2% degli utenti del Mezzogiorno. Emerge inoltre, si legge nell'indagine, "un'estrema eterogeneità nella qualità degli interventi e dei trattamenti offerti dalle strutture del Ssn”. Ad esempio, nell'area cardiocircolatoria, mentre nel Nord, e ancora più nel Sud e nelle Isole, la proporzione di strutture di diritto privato di 'qualità alta/molto alta' è superiore rispetto a quella delle strutture pubbliche (al Nord il 58% delle strutture pubbliche sono giudicate di qualità alta contro il 68% delle private accreditate e al Sud il 47% delle pubbliche contro il 65% delle private accreditate), nel Centro la situazione è ribaltata (è giudicato di alta qualità il 68% delle pubbliche contro il 44% delle private accreditate). Sempre al Centro, inoltre, le strutture di qualità bassa/molto bassa sono proporzionalmente di più tra le strutture accreditate.

Mobilità sanitaria e liste di attesa. Negli ultimi 12 mesi, il 16,3% delle persone per curarsi si è recato in un'altra regione, nell'ambito delle prestazioni erogate dal SSN, al netto dunque di eventuali spostamenti per accedere a prestazioni in regime privatistico. La motivazione più ricorrente della mobilità, che riguarda il 31,6% dei migranti sanitari (ed il 51,8% di coloro che dichiarano di essere in cattiva salute), è “l'eccessiva lunghezza delle liste di attesa nella propria regione”. Ai pazienti che 'migrano' in altre Regioni – evidenzia il Rapporto - bisogna anche aggiungere un 19,3% di coloro che - pur restando nell'ambito del Servizio sanitario regionale di pertinenza - sono costretti a percorrere più 50 km. Tra le motivazioni alla base della mobilità regionale, il 26,5% lo fa per “ottenere un servizio migliore rispetto al proprio Servizio sanitario regionale. A ciò si aggiunge un 17,1% di pazienti che si spostano perchè non ha trovato la particolare tipologia di prestazione sanitaria di cui aveva bisogno. Ed ancora: si sposta per avere un secondo parere l'8,7%, mentre il 9,8% lo fa perchè abita in una zona di confine e le strutture fuori Regione sono più vicine o comode. Il Rapporto evidenzia che il 53,5% degli italiani dichiara che, nel corso dell'anno, ha dovuto affrontare tempi di attesa eccessivamente lunghi rispetto alle tempistiche utili; il 37,4% segnala la presenza di liste bloccate o chiuse, nonostante siano formalmente vietate. Il risultato è che ogni 100 tentativi di prenotazione nel Ssn, le prestazioni che restano nella Sanità pubblica (pubblico e privato accreditato) sono il 60,6%. La quota che rinuncia e si rivolge alla sanità a pagamento - intesa come privato puro e intramoenia - è del 34,9% (il 29,9% nel Nord-Ovest, il 26,5% nel Nord-Est, il 39,3% nel Centro e il 40,7% nel Sud e Isole) ed è così articolato: 11,9% in intramoenia; 17,9% nel privato puro; 5,1% nel privato sociale; 4,6% in polizze assicurative.

Tra i dati più allarmanti, il 42% degli italiani con redditi più bassi – fino a 15 mila euro - che ha rinunciato a curarsi nel 2023, perchè costretto a procrastinare o a rinunciare alle cure sanitarie per l'impossibilità di accedere al SSN e non potendo sostenere i costi della sanità a pagamento. Questa quota di “rinunciatari”scende al 32,6% dei redditi tra i 15 mila e i 30 mila euro, al 22,2% di quelli tra i 30 mila e i 50 mila euro, e al14,7% di quelli oltre i 50 mila euro. L'indagine – infine - punta i riflettori anche su un altro fenomeno allarmante: "L'effetto erosivo" sulla ricchezza che, ovviamente, impatta in modo difforme sulle classi di reddito. Si tratta del 36,9% degli italiani che ha infatti rinunciato ad altre spese per sostenere quelle sanitarie: il 50,4% tra i redditi bassi, il 40,5% tra quelli medio-bassi, il 27,7% tra quelli medio-alti e il 22,6% tra quelli alti. 

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