“Fratelli e sorelle, buona sera!”. Era la sera del 13 Marzo del 2013, poco piu’ di 12 anni fa, quando papa Francesco dalla Loggia delle Benedizioni della basilica di San Pietro si presentò al mondo con queste semplici parole, dette come un vecchio amico che bussa alla porta di casa. Fu il suo primo saluto da Pontefice. La schietta semplicità con cui caratterizzò il suo esordio pubblico lo fece entrare subito in sintonia con i cuori di tanta gente. E non solo per quelle poche parole. Prima di affacciarsi per la prima benedizione Urbi ed Orbi, nel segreto del Conclave ancora chiuso, dette vita a quella che nell’immaginario collettivo sarà ricordata come “la grande rivoluzione bergogliana”, destinata a cambiare il volto della Chiesa del Terzo Millennio. Ovvero, scegliendo, con una buona dose di coraggio, di chiamarsi Francesco, come il Poverello di Assisi – il primo Papa a farlo nella storia della Chiesa -, e rinunziando ad indossare la tradizionale mozzetta, l’indumento simbolo del potere portato dai Papi fin dal Medio Evo. Due scelte che fecero subito capire di che “pasta” sarebbe stato il nascente Pontificato, che il neo successore di Pietro avrebbe fortemente caratterizzato – pagine del Vangelo alla mano - con una costante attenzione ai poveri, agli emarginati, agli ammalati, carcerati, migranti. E con una altrettanta attenzione alla proclamazione della pace, alla condanna del commercio delle armi e di tutte le guerre (“Nel mondo è in corso la terza guerra mondiale a pezzi”, era solito ripetere nel richiamare la nacessità di mettere fine ai conflitti in corso”), alla difesa del creato “dono di Dio”. Senza, tuttavia, disdegnare di esternare anche una buona dose di ironia, fin dalla sua prima apparizione pubblica quando, scherzando, confessò che “i miei fratelli cardinali hanno deciso di scegliere il nuovo vescovo di Roma andando a prenderlo alla fine del mondo”.
Jorge Mario Bergoglio, dunque, prese in mano le redini della cattolicità universale da quella sera del 13 Marzo 2013 per condurla attraverso i sentieri del mondo, aprendo le porte a "tutti, tutti, tutti" – ripeterà in tante occasioni -, per avvicinarla sempre piu’ a “bisognosi, poveri, ultimi, scartati”. Facendosi ideale nocchiero – altra sua felice espressione - di “una Chiesa ospedale da campo dopo una battaglia” per “lenire le piaghe e le ferite dei piu’ sofferenti. Lo fece senza preoccuparsi eccessivamente di quanti, tra le file piu’ tradizionaliste della stessa Chiesa, non mancarono di remargli, quasi da subito, contro. E nonostante lo choc delle dimissioni di Benedetto XVI, il Papa Emerito con cui vivrà fianco a fianco in Vaticano per dieci anni. La convivenza con Ratzinger fu l’altra novità assoluta nella storia della Chiesa, che Francesco servirà fino alla fine.
Figlio di emigranti piemontesi in Argentina, Bergoglio nacque a Buenos Aires il 17 dicembre 1936. Suo padre Mario, ragioniere, era impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupava della casa e dell'educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, scelse poi la strada del sacerdozio entrando in seminario. Nel 1958 passò al noviziato della Compagnia di Gesù. A soli 33 anni divenne maestro dei novizi. In seguito venne eletto Provinciale della Provincia argentina dei Gesuiti, quasi un ripiego perché costretto, per motivi di salute, a rinunciare a partire come missionario in Giappone. Fu l’inizio di una lunga vita al servizio della Chiesa di Buenos Aires, tra gli emarginati delle periferie.
San Giovanni Paolo II lo consacrò, in seguito, arcivescovo e, nel 2002, cardinale. E dal 2013 l’elezione papale come 266esimo Pontefice della Chiesa cattolica.
Papa Francesco ci lascia dopo 38 giorni di ricovero per una polmonite e una ripresa che sembrava essere sorprendente nel corso della quale ha voluto essere in mezzo alla sua gente pur senza poter parlare e, tantomeno, senza potersi muovere liberamente. Se ne va dopo dodici anni di un fitto pontificato, non scevro di problemi e contraddizioni, ma che ha segnato una svolta talmente ampia, nella sostanza e nella forma, dalla quale probabilmente sarà difficile fare marcia indietro. Tra le sue novità che solleveranno piu’ sorprese, l'apertura ai divorziati, agli omosessuali, la valorizzazione delle donne fino a dare loro il posto che da secoli era riservato solo ai cardinali, come ad esempio la presidenza del Governatorato e di alcuni importanti dicasteri. E poi quella Chiesa "in uscita", verso i più fragili, dai migranti, la sua prima preoccupazione, ai poveri. Bergoglio porterà nel cuore della cristianità l'esperienza della sua Chiesa sempre protesa verso gli emarginati delle favelas le periferie più abbandonate della sua Buenos Aires. Le "periferie", geografiche ed esistenziali, sono state infatti la cifra principale del suo Pontificato.
Tra i piu’ significativi gesti “rivoluzionari” compiuti ad inizio di Pontificato, la scelta di non abitare nel Palazzo apostolico come i suoi predecessori, preferendo vivere in comunità, a Casa Santa Marta in Vaticano. Semplificò riti e paramenti liturgici, sfidò abitudini secolari, scelse come cardinali i pastori che lavorano negli angoli più sperduti della terra, dalla Mongolia alla Papua Nuova Guinea, e non piu’ nelle grandi metropoli come nel passato. Fece si che la zona del Vaticano diventasse un porto accogliente per i tanti senzatetto di Roma. E soprattutto visse del rapporto diretto con la gente. Salutava, telefonava, andava a trovare a casa le persone. E' accaduto con Emma Bonino e con Edith Bruck, per fare solo alcuni esempi piu’ significativi e sorpredenti. Pur non amando viaggiare, compì 47 pellegrinaggi internazionali, e tante altre in Italia. Visitò gran parte delle parrocchie romane come vescovo della Capitale. La gente comune, era sempre stata la linfa del suo pontificato e per questo non si è mai risparmiato. Non lo ha fatto neanche quando dovette cominciare a sopportare il peso dei suoi 88 anni, resi più gravosi dai malanni che gli si accumularono negli ultimi tempi.
Papa Bergoglio lascia una Chiesa diversa, piu’ popolare, ancora piu’ aperta al mondo, il traguardo che si era prefissato al momento di accettare l’elezione pontificia ."Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi – preannunciò nel 2013 nella sua intervista a La Civiltà Cattolica, la prima di una lungaserie - è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Prima di tutto si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite…ecco cosa va fatto subito. E bisogna cominciare dal basso".