"Un medico su 3 ha ricevuto una denuncia: di tipo penale nel 43,6% dei casi, civile nel 30,8% e addirittura di entrambe le tipologie nel 25,6%. L’area maggiormente presa di mura dalla magistratura è la chirurgia, con oltre l'82% dei casi segnalati. I più colpiti sono gli uomini over 55 anni che lavorano in ospedali con meno di 500 posti letto…”. Anche per questo “almeno 1 camice bianco su 3 pensa di licenziarsi e il 47% rinuncia a ruoli di maggiore responsabilità".Sono i dati del sondaggio condotto dal Centro Studi dell'Anaao-Assomed, su un campione rappresentativo di medici equamente distribuito tra uomini e donne in età compresa tra i 25 e 65 anni con una anzianità di servizio dall'ingresso alla pensione. Sono stati presentati al convegno “Ma che colpa abbiamo noi? I confini della responsabilità professionale in sanità”, promosso a Roma dal sindacato dei medici dirigenti Anaao-Assomed.
"Rispetto ai procedimenti giudiziari conclusi, solo il 3% circa si è risolto con una condanna”, il dato piu’ significativo. “Ma a che prezzo? L'imbocco del tunnel di un processo civile e penale – commenta il sindacato dei camici bianchi - costituisce una penosa esperienza professionale e umana nella quale si passa, grazie anche a una disinvolta pressione mediatica, da indagato a imputato a condannato, prima ancora che il processo sia iniziato. La maggioranza dei casi si conclude con l'assoluzione. Oggi i profili di responsabilità professionale si muovono lungo il sentiero angusto delineato dall'intersecarsi di 4 codici (deontologico, disciplinare, civile e penale), senza che sia chiaro il primato di ciascuno e le relazioni tra di loro".
Analizzando i numeri nel dettaglio, secondo l’Anaao-Assomed, si delinea “con chiarezza la gravità della situazione”. "Il 32,8% di quanti hanno risposto al quesito ha dichiarato di aver ricevuto almeno una denuncia (civile e/o penale) nel corso della propria attività professionale. Il 22,3% riporta di avere ricevuto almeno una denuncia penale nel corso della propria carriera, il 35,6 % più di una denuncia. La distribuzione delle denunce per specializzazione vede ai primi posti ginecologia: 70%; cardiochirurgia: 70%; chirurgia generale 66,2%. A seguire ortopedia:
65,2%; pronto soccorso: 53,3%; cardiologia: 44,9%; medicina interna: 42%; radiologia: 38,6%; anestesia: 37,3%; direzione medica di presidio ospedaliero 38,5%; psichiatria: 16,3%. La distribuzione per macro-area disciplinare vede al primo posto l'area chirurgica: 239 su
393 (60,8%), seguita da area medica: 296 su 929 (31,9%) e area dei servizi: 89 su 584 (15,2%). La distribuzione geografica segna una prevalenza al Sud e Isole, con una percentuale del 39,8%. Al secondo posto il Centro Italia (38,2%) e al terzo posto Nord (27,2%)". "Se guardiamo, poi, alla loro distribuzione in base alla dimensione della struttura ospedaliera - prosegue il report - il primato spetta agli ospedali con meno di 500 posti letto (37,6%), seguiti da quelli dotati di un numero di posti letto compresi tra a 500 e 1.000 (32,2%). Quelli con oltre 1.000 posti letto registrano il tasso più basso (28,4%). Se guardiamo al numero di denunce in base a sesso, anzianità di servizio e area professionale, la situazione è la seguente: donne in area chirurgica con più di 20 anni di anzianità:
71,1%; uomini in area chirurgica con più di 20 anni di anzianità: 86,2%; totale (uomini e donne) area chirurgica con più 20 anni di anzianità: 82,3%". Dunque "la chirurgia è un'area ad alto rischio giudiziario", sottolinea l'Anaao-Assomed. "In alcune specialità come ginecologia, ortopedia e chirurgia generale, la probabilità di essere denunciati supera il 65%, raggiungendo in ginecologia e cardiochirurgia addirittura il 70%. In altre parole, 7 professionisti su 10 che operano in queste discipline hanno avuto almeno una volta a che fare con un procedimento legale. Un dato che evidenzia quanto la chirurgia, per la sua natura invasiva e ad alta complessità, sia particolarmente esposta al contenzioso", si legge nel rapporto.
Secondo il sindacato, "l'esperienza non protegge. Anzi, tra i professionisti con oltre 20 anni di carriera i tassi di denuncia crescono sensibilmente, soprattutto in ambito chirurgico. Il dato più impressionante riguarda i chirurghi uomini con lunga anzianità: l'86,2% ha subito almeno una denuncia. Se si considerano uomini e donne insieme, la percentuale scende poco: oltre 8 su 10 (82,3%). Questo significa che più di 6 chirurghi uomini su 7, e 5 chirurghi di qualunque genere su 6, con almeno 20 anni di attività, sono stati oggetto di un procedimento giudiziario. Si tratta di numeri che non possono essere considerati fisiologici, ma che segnalano una situazione strutturalmente critica".
Anche la dimensione dell'ospedale sembra influire sul rischio di denuncia: "I professionisti che lavorano in strutture con meno di 500 posti letto riportano una frequenza di denunce significativamente più alta (37,6%) rispetto a chi opera in ospedali più grandi (28,4% oltre i 1.000 posti letto). Probabilmente, nei contesti più piccoli, la minore disponibilità di risorse, la carenza di personale e l'assenza di équipe strutturate aumentano il rischio di errore e la vulnerabilità legale".
"I risultati della survey - commenta Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao-Assomed - delineano un quadro di grande tensione per chi lavora nella sanità pubblica italiana, soprattutto per i medici che operano in ambiti ad alta intensità tecnica e decisionale. L'alto numero di denunce, anche penali, suggerisce non solo un aumento del contenzioso, ma anche un clima di sfiducia e di conflittualità tra cittadini e sistema sanitario. Nessuna meraviglia se l'85% di chi ha partecipato alla survey si sente a maggior rischio nella attività lavorativa e il 90% confessi di avvertire una pressione maggiore. Al punto da avere pensato a licenziarsi 1 collega su 3 e a rinunciare a ruoli di maggiore responsabilità, avvertiti come di maggior rischio, nel 47% dei casi".
"La questione delle denunce - prosegue Di Silverio - non è solo un problema individuale, ma sistemico. E' necessario avviare una riflessione profonda sulle condizioni di lavoro dei medici, sulle politiche di tutela professionale, sulla formazione e sul dialogo con i pazienti, per prevenire il contenzioso e restituire serenità a chi ogni giorno garantisce cura e assistenza".